Tutti noi siamo immersi ogni giorno nel traffico stradale delle città. Quali sono le reali cause di questo problema? Come se ne esce? Ecco alcune risposte.
Intanto, un avviso!
Anche noi di Trafficlab siamo impegnati nel miglioramento della circolazione stradale di Bologna. Stiamo conducendo per Tecne – Gruppo Autostrade per l’Italia una vasta campagna di monitoraggio del traffico in numerosi importanti snodi della viabilità cittadina, coordinata dal nostro Andrea Bonfanti e realizzata da Marco Nero Formisano di Immagini al volo. Usiamo la tecnologia DataFromSky, con videocamere su droni e intelligenza artificiale per riconoscere la tipologia e le traiettorie dei veicoli circolanti (dai veicoli pesanti alle auto, fino alle bici ed ai pedoni). Restituiamo informazioni di altissima qualità, fondamentali per le successive attività di pianificazione e progettazione degli interventi di miglioramento della viabilità e degli spazi urbani.
Quindi, se quando siete in giro vedete un drone volteggiare sopra un incrocio, non allarmatevi: probabilmente siamo noi al lavoro. Riportate anzi la vostra attenzione sulla strada, e proseguite il vostro spostamento tranquilli e in sicurezza!

E ora veniamo al problema
Nelle città di tutto il mondo, il traffico rappresenta un problema crescente. Ogni giorno, milioni di veicoli si muovono sulle strade urbane, causando ingorghi, inquinamento acustico ed atmosferico e stress per i conducenti e i passeggeri. Oltre a tempi di percorrenza più lunghi ed aria più sporca il traffico ha anche effetti negativi sulla salute e sul benessere delle persone, sulle attività commerciali e sulla qualità della vita delle comunità.
Tra i problemi che il traffico urbano può generare ci sono i ritardi, il consumo eccessivo di carburante, l’aumento delle emissioni di gas serra, la riduzione della sicurezza stradale e la congestione delle strade e delle aree di parcheggio. In particolare, l’inefficienza del traffico porta spesso a un maggiore utilizzo dei veicoli, il che a sua volta alimenta un circolo vizioso di congestione e inquinamento.
Gli ingorghi stradali possono portare anche a un aumento dello stress e della tensione, sia per i conducenti che per i passeggeri. Lunghe code, rallentamenti e situazioni di blocco possono generare comportamenti aggressivi e pericolosi, aumentando il rischio di incidenti stradali e generando un’atmosfera generale di insoddisfazione e frustrazione.
Il traffico e l’inefficienza del trasporto hanno anche un impatto significativo sulle attività commerciali e sulla qualità della vita delle comunità. La difficoltà di accesso alle aree commerciali, i costi del trasporto e la perdita di tempo associata agli ingorghi stradali possono limitare l’attrattività delle aree urbane e dei centri commerciali, danneggiando l’economia locale e la qualità della vita delle persone.
Inoltre, il traffico urbano genera un impatto ambientale significativo, contribuendo alle emissioni di gas serra e all’inquinamento atmosferico. Il consumo di carburante aumenta, così come le emissioni di CO2 e altre sostanze inquinanti, come l’ossido di azoto e le particelle fini. Ciò può portare ad un aumento dei problemi di salute, come l’asma e le malattie cardiovascolari, che possono essere particolarmente gravi per i gruppi vulnerabili come i bambini e gli anziani.

Il problema di questa città è il traffico!
Occorre considerare che il nostro stile di vita è strettamente legato, fra le altre cose, alle modalità di spostamento a cui facciamo ricorso per effettuare le nostre attività (lavoro, studio, svago, ecc.). Usiamo molto l’auto, magari anche quando non c’è un effettivo bisogno. E spesso, gli aspetti positivi (l’autonomia, in primis), sono superati da aspetti negativi non banali (stress, tempo perso in coda, difficoltà e costi di parcheggio, ecc.), soprattutto in ambito urbano.
Esistono però anche altri effetti negativi, detti “costi esterni”, subiti da quelle persone che usano l’auto poco o per nulla, e che tuttavia risentono dei problemi generati dal sistema di trasporto automobilistico (inquinamento dell’aria e rumore, soprattutto) senza però percepirne i benefici. In generale, nel contesto vanno considerati quindi anche costi di tipo sociale ed ambientale. Ad esempio, occorre considerare l’incidentalità stradale (in Italia ci sono 8 vittime al giorno, con un “costo sociale” annuo enorme), l’inquinamento ed il valore del tempo complessivamente perso a causa della congestione stradale (stimabile su cifre dell’ordine dei miliardi di euro, a livello nazionale).
In pratica, l’esigenza di contemperare il diritto alla mobilità di ognuno di noi ed il diritto ad avere una qualità della vita soddisfacente e non influenzata negativamente dagli impatti del traffico (specie se non si contribuisce a generarlo) comporta la ricerca di un difficile equilibrio. Equilibrio che spesso si scontra con vincoli che appaiono insuperabili, ma dalle cause ben conosciute. Prima di approfondire nel dettaglio alcuni aspetti, guardate il video che ho preparato (anzi, usatelo pure in caso ne abbiate bisogno per fare formazione o in occasione di incontri con i cittadini).
Le alternative all’uso dell’auto
Purtroppo, fare a meno dell’auto spesso è difficile. Il trasporto pubblico e la mobilità ciclabile non sempre hanno dagli amministratori locali l’attenzione che meritano, e non solo per mancanza di risorse ma, molto spesso, di competenze tecniche adeguate. E questo si riflette sulla scarsa offerta di mobilità alternativa all’auto. A differenza di molte realtà europee, la situazione delle città italiane risente di un pesante deficit di trasporto collettivo, soprattutto su ferro. E le misure adottate finora, sia dallo Stato che dalle Regioni, a favore del trasporto collettivo locale e regionale si sono rivelate spesso insufficienti per garantire un servizio adeguato alla domanda, per qualità e quantità.
Molti, a parità di tempi di percorrenza, sarebbero anche disposti ad utilizzare i mezzi pubblici, ma questo non avviene, soprattutto a causa di scarso comfort di viaggio, coincidenze non ottimali e collegamenti saltuari e poco frequenti.
La bicicletta potrebbe rappresentare una valida alternativa in città per le brevi distanze (circa la metà degli spostamenti che oggi vengono fatti in auto è infatti inferiore a 5 km), ma non riesce ad affermarsi in molte città italiane soprattutto a causa della scarsa sicurezza sulle strade, mentre in altri Paesi europei come l’Olanda o la Danimarca sappiamo che la situazione è ben diversa (peraltro, investire in infrastrutture per la ciclabilità va anche a vantaggio dei residenti: come riportato in questo articolo su Bikeitalia.it di Gabriele Sangalli, diversi studi dimostrano che il valore degli immobili aumenta in prossimità di piste ciclabili e percorsi pedonali).
Ma non si tratta solo di ragionare su autobus e biciclette. Nelle città in cui la mobilità è problematica, non si può fare a meno di attribuire pesanti responsabilità alla cattiva pianificazione urbanistica, che non ha tenuto sufficientemente conto del legame stretto che sussiste tra territorio e trasporti. È per questo che in tante situazioni non si può fare a meno di usare l’automobile. Si è creato un circolo vizioso generato dallo spostamento delle residenze dei cittadini verso le periferie ed i Comuni della cintura metropolitana (causato anche dall’incremento dei valori immobiliari nelle zone centrali), che non solo ha generato un effetto discriminante per molte persone (che, con un reddito più basso, sono costrette ad allontanarsi dal centro), ma le costringe anche ad usare l’auto per qualsiasi spostamento. Peraltro, spesso, vari nuovi insediamenti residenziali e diversi poli di consumo e di intrattenimento sono stati progettati (erroneamente) per essere raggiungibili quasi esclusivamente con il mezzo privato, senza adeguare il sistema di trasporto collettivo.
Approcci e soluzioni
Per approcciare il problema nel modo giusto occorre vedere come un unico sistema l’insieme di infrastrutture, trasporti, ambiente, città e territorio, attraverso una progettazione integrata e multidisciplinare, avendo come obiettivo la qualità dell’ambiente urbano.
L’urbanistica può svolgere in questo senso un ruolo importante: bisogna privilegiare un modello di città compatta, più efficiente dal punto di vista del tempo e dell’energia risparmiati negli spostamenti e più sostenibile grazie al minor consumo di suolo. Lo sviluppo urbano, nelle aree dove c’è effettiva esigenza, dovrebbe avvenire attorno alle “linee di forza” del trasporto pubblico, favorendo processi di aumento della densità urbana nei nodi ad alta accessibilità. Allo stesso tempo, sono utili gli interventi tesi a ripensare e valorizzare lo spazio pubblico, anche con iniziative che possono essere realizzate a costo ridotto, ad esempio incentivando gli spostamenti a piedi e in bicicletta (soprattutto per raggiungere i servizi pubblici come le scuole) e cercando di accrescere le condizioni di sicurezza in città limitando la velocità dei veicoli, ad esempio con l’introduzione delle “Zone 30”.
Le alternative all’attuale modello di mobilità sono note e già largamente diffuse in altri Paesi; esse riguardano principalmente il potenziamento del trasporto pubblico locale, la diffusione del trasporto condiviso (nelle varie forme oggi presenti), la facilitazione degli spostamenti a piedi e in bicicletta e la riorganizzazione del trasporto merci con l’adozione di progetti di logistica e distribuzione urbana delle merci.
Ma le iniziative vanno studiate con attenzione, per evitare di creare problemi ulteriori. Ad esempio, una strada intrapresa da alcune amministrazioni riguarda l’introduzione di “ticket” sull’uso del motore privato in città o nelle vie più trafficate. Secondo vari esperti del tema, tuttavia, quando si parla di “regolazione economica della mobilità”, “internalizzazione dei costi esterni della mobilità”, “applicazione del principio ‘chi inquina paga’”, ecc., bisognerebbe analizzare distintamente sia l’efficacia (servono a raggiungere lo scopo?) che l’equità (in che modo colpiscono le diverse fasce di reddito?). Tali misure potrebbero infatti essere inique perché si colpiscono i comportamenti a prescindere dal reddito di chi li mette in atto (quindi con un implicito vantaggio per i più ricchi).
Per progettare un nuovo sistema di mobilità ed elaborare soluzioni all’altezza dei problemi non si può che iniziare dalla conoscenza e dalla consapevolezza dello stato di fatto, dalla trasparenza delle decisioni e dalla chiarezza degli obiettivi. Sarebbe necessario che ciascuna amministrazione si dotasse di una sorta di Bilancio Ambientale e Sociale della Mobilità, contenente tutti i dati inerenti la situazione della mobilità ed i conseguenti impatti (inquinamento ambientale ed acustico, incidentalità, costi sanitari indotti, consumo di energia del settore, congestione, costi economici) per avere chiaro il quadro di partenza, visualizzare i problemi nel loro insieme e poter pianificare e stabilire correttamente gli obiettivi da raggiungere.
Ma per affermare il diritto a una mobilità più sicura, equa e sostenibile bisogna assolutamente sviluppare servizi di mobilità urbana innovativi, che vadano oltre il tradizionale trasporto pubblico e che siano più personalizzati, flessibili, comodi e veloci (superando ad esempio la questione “Uber contro taxi”). In futuro si andrà infatti sempre più verso una mobilità come servizio (“MAAS”, Mobility As A Service), in sostituzione del regime di proprietà dell’auto.
È opportuno però che tanto i decisori quanto i tecnici siano aperti allo studio di nuove soluzioni e si avvalgano di competenze riconosciute, senza procedere “a tentoni” come troppo spesso fatto finora.