
Le nostre città sono nate molti secoli fa, con esigenze molto diverse rispetto a quelle che si considererebbero oggi nel caso si immaginasse di realizzarne una a partire da zero. Con il susseguirsi dei decenni, ognuna di esse ha avuto un’evoluzione più o meno ordinata, con espansioni che nel secolo scorso sono state in molti casi molto repentine, sia sul fronte residenziale che su quello industriale e produttivo.
Il risultato è che molte città vedono oggi la presenza di importanti (ed impattanti!) poli industriali a ridosso dei centri abitati, con tutte le problematiche che derivano da questa situazione. Ed uno dei principali problemi è garantire la sicurezza e la salute non solo delle persone che lavorano in tali siti, ma anche dei residenti vicini, che vivono a stretto contatto con tali realtà. È facile pensare, in questo contesto, a situazioni come quella di Taranto, dove lo stabilimento industriale dell’ILVA costituisce oggi non più solo un grande sito che offre lavoro a molte persone, ma un serio problema di salute per chi ci vive vicino. Anche se in misura meno evidente, tale problematica è presente in molte altre situazioni. Ma il problema non è solo di natura ambientale.
Nei grandi poli industriali e produttivi si ha, ovviamente, la necessità di trasportare materie prime e prodotti in quantità enormi ed in modo continuato. Ed il tutto avviene non solo vicino ai centri abitati, ma anche impegnando le strade utilizzate dagli stessi cittadini.
Come fare per garantire che questo avvenga in sicurezza? Per rispondere, prendo spunto da uno studio che ho condotto per un importante Comune avente proprio le problematiche descritte.
Il contesto.
Immaginiamo un grande polo industriale e produttivo, composto da diverse aziende, interessato ogni giorno da imponenti flussi di traffico relativi a persone, merci e materie prime, molte delle quali di natura pericolosa. I flussi di traffico in questione fanno riferimento a realtà produttive diverse, pur collocate nell’ambito dello stesso polo.
Si trasportano materie diverse, con mezzi differenti, in orari variabili e con percorsi dipendenti dai luoghi di provenienza o di destinazione dei carichi. Ogni trasporto di merci pericolose (inteso come singolo spostamento effettuato da un veicolo, ad es. da una autocisterna di GPL), segue dunque una pianificazione dello spostamento indipendentemente da tutti gli altri, ma interagisce comunque forzatamente con essi, in quanto impegna le stesse strade nelle stesse ore. E questo, in concomitanza con tutti gli altri spostamenti derivanti dalle attività della città stessa, che avvengono per diversi motivi (lavoro, studio, commercio, servizi, ecc.) e con diversi mezzi.
Il “rischio territoriale” per le persone, già normalmente molto elevato in questi contesti, aumenta quindi considerevolmente per la presenza dei trasporti di merci pericolose di cui si è detto, trasporti che avvengono generalmente in mancanza di una programmazione generale (e sottolineo il generale) che tenga conto di tale complessità. Ma occorre necessariamente effettuare tale programmazione (e fare poi in modo di attenersi ad essa), per ridurre i rischi per la città derivanti da questa situazione.
Il problema dal punto di vista delle attività produttive.
Poniamoci dal punto di vista di un datore di lavoro di una delle attività produttive operanti nel sito in questione. Egli è tenuto, ai sensi del Testo Unico sulla Salute e Sicurezza dei Lavoratori (D. Lgs. 81/08), a valutare i rischi a cui i propri lavoratori sono esposti ed a prendere adeguate misure a tutela della loro salute e della loro sicurezza. Ma la cosa non è per nulla banale. La legge è applicabile con riferimento a “tutti i rischi” a cui ogni lavoratore è esposto, ma nella pratica si tende spesso a trascurare i rischi presenti al di fuori del sito produttivo vero e proprio.
In altre parole, il rischio stradale, cioè quello a cui sono esposti i lavoratori quando sono su strada, spesso non viene tenuto nella giusta considerazione, nonostante peraltro sia noto che gli incidenti stradali sono la prima causa di morte sul lavoro. E di persone che svolgono su strada il loro lavoro ce ne sono tante: da chi trasporta persone e merci a chi si occupa di servizi e manutenzioni; dalle Forze dell’Ordine ai servizi di emergenza, e potrei continuare a lungo.
In ogni caso, anche per le aziende virtuose, che decidono di effettuare la valutazione del rischio stradale e di ridurlo con misure adeguate, l’impresa non è semplice. Ed il motivo è dato da quanto detto: ci si trova in un ambito – la rete stradale, appunto – nel quale il datore di lavoro non ha certo piena gestione di ogni aspetto (a differenza dei luoghi di lavoro veri e propri), e non può dunque definirne in totale autonomia procedure ed istruzioni operative.
Quello che un datore di lavoro può fare (cosa, peraltro, non banale e per nulla scontata), è dotare i propri lavoratori di formazione, addestramento e veicoli adeguati; ma quando ogni suo lavoratore è su strada, si trova in una sorta di “luogo di lavoro comune”, nel quale interferisce reciprocamente con altri lavoratori, che si trovano in situazioni analoghe per conto di altre aziende. Gli esperti in sicurezza analizzerebbero questa situazione parlando di “rischi da interferenza”, con la complicazione che in questo caso non ci si trova neanche in un luogo ben definito e delimitato (come un cantiere, ad esempio), ma su strada pubblica, con la presenza di una moltitudine di altre persone (peraltro non dotate, in genere, di formazione ed addestramento paragonabile ai trasportatori di professione).
Abbiamo quindi persone diverse che, su mezzi diversi e per motivi diversi, viaggiano sulla stessa rete stradale in prossimità della città, ed alcuni di essi trasportano materiale pericoloso. Occorre dunque una gestione di questa situazione che possa ridurre adeguatamente i rischi sia per i trasportatori che per i residenti.
Il metodo di lavoro
Non sono naturalmente i singoli datori di lavoro a doversi occupare di questo. Non da soli, almeno. Occorre un coordinamento generale, un vero e proprio “sistema di gestione della mobilità”, grazie al quale garantire la sicurezza stradale in queste condizioni. E non parlo quindi di un Piano Urbano del Traffico, ma di una metodologia operativa che ad esso si affianca e con cui si integra. E per costruire questa metodologia, che naturalmente è specifica di ogni singola città e situazione, è utile ragionare come se ci si trovasse all’interno di un luogo di lavoro, individuando le situazioni a rischio ed intervenendo con misure di natura infrastrutturale, tecnica, organizzativa e comportamentale.
Queste le fasi da seguire, che analizziamo singolarmente:
- Analisi dei trasporti di merci pericolose.
- Pianificazione di percorsi ed orari.
- Adeguamento delle strade interessate.
- Monitoraggio e controllo.
- Definizione della procedura di gestione delle emergenze.
L’analisi dei trasporti di merci pericolose
Cosa si intende per trasporto di merci pericolose? Sono definite merci pericolose le materie e gli oggetti il cui trasporto è vietato dalla normativa ADR, oppure autorizzato unicamente alle condizioni dalla stessa previste. In sostanza, una merce è considerata pericolosa quando può causare danni alle persone, causare danni a ad altre persone (anche se non la utilizzano direttamente), causare danni all’ambiente o compromettere la sicurezza del trasporto o del veicolo.
Occorre innanzitutto individuare, all’interno della rete urbana, le principali direttrici di traffico coinvolte dal flusso di sostanze pericolose. Lo si fa sulla base delle informazioni fornite dai gestori degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante presenti nel polo in questione. Tali stabilimenti costituiscono le principali sorgenti di traffico, sulla base delle quali viene stimato il flusso delle sostanze pericolose movimentate sul territorio comunale. In una prima fase di indagine si può trascurare il “traffico di attraversamento”, composto cioè dai mezzi che attraversano il territorio comunale ma sono diretti verso altre destinazioni.
Per ognuna delle principali aziende in esame, occorre conoscere e classificare le movimentazioni di materie pericolose con riferimento ai seguenti aspetti: tipologia della stessa, origine e destinazione, indicazione di massima del percorso usato in ambito cittadino e numero dei mezzi normalmente coinvolti.
I percorsi seguiti dai mezzi vanno poi analizzati individuando le singole strade coinvolte. Aggregando i dati raccolti, è possibile effettuare diverse analisi relative alle tipologie di sostanze ed ai rischi connessi in base ai percorsi effettuati per il trasporto. In particolare, occorre arrivare ad ottenere, per ogni strada impegnata, il numero (giornaliero, mensile, ecc.) di mezzi con merci pericolose che la percorrono, suddivisi per classe ADR della materia trasportata.
Questo passaggio consente poi di classificare le strade in questione con riferimento alle tipologie di pericolo relative al rischio di incidenti rilevanti (es. pericolo di esplosione, rischio incendio, ecc.).
La pianificazione di percorsi ed orari
I transiti delle merci pericolose avvengono normalmente attraverso percorsi perlopiù obbligati, in conseguenza delle caratteristiche geometriche delle strade, che devono essere in grado di ospitare le sagome dei mezzi pesanti coinvolti. Le ordinanze comunali in vigore consentono peraltro di proibire il transito di tali mezzi su strade caratterizzate da condizioni non idonee allo scopo. I percorsi seguiti dai mezzi in esame risultano quindi spesso definiti con un sufficiente grado di accuratezza. Tuttavia, per facilitare la gestione ordinaria dei transiti delle merci pericolose, è opportuno rendere più stringenti (o introdurle ex-novo) le prescrizioni relative ai percorsi ed agli orari impegnati dai mezzi in esame.
Per quanto riguarda i percorsi, occorre conferire carattere di prescrizione vincolante all’individuazione dei tragitti seguiti dai mezzi in esame, aventi origine o destinazione nel polo industriale. I percorsi possono coincidere con quelli già riscontrati in fase di analisi, oppure essere invece ridefiniti, mantenendo comunque la possibilità di modificarli successivamente a seguito di eventuali variazioni che dovessero verificarsi nell’assetto circolatorio della città.
Per quanto riguarda gli orari, per quanto possibile, sarebbe opportuno pianificare una distribuzione dei viaggi tale da consentire di limitare l’impegno della viabilità urbana nelle fasce orarie di punta giornaliere e, in generale, evitare la presenza contemporanea su strada di molti mezzi con materie pericolose (indipendentemente dalla fascia oraria). Queste prescrizioni si rendono necessarie per evitare che ci possano essere concentrazioni critiche di mezzi con merci pericolose in determinati momenti della giornata. Per applicare tale indicazione occorrerebbe, di concerto con le aziende interessate e compatibilmente con le esigenze produttive, pianificare per quanto possibile gli orari degli spostamenti delle merci, fissando ad esempio il numero massimo di mezzi che trasportano un certo tipo di materia pericolosa in base alle fasce orarie. Uso il condizionale (“occorrerebbe”) in quanto questa è una delle attività più difficili, vista la moltitudine di variabili e di soggetti in gioco.
L’adeguamento delle condizioni della sede stradale interessata dai transiti di merci pericolose
L’adeguamento della sede stradale sulla viabilità interessata dal transito di merci pericolose consente non solo di ridurre i rischi di incidente e la gravità delle conseguenze, ma anche di gestire eventuali emergenze in modo tempestivo e sicuro. Ecco alcune indicazioni che è opportuno seguire in tema di adeguamento della viabilità comunale interessata dai transiti di merci pericolose:
- Adeguamento della segnaletica dedicata ai conducenti dei mezzi con merci pericolose
- Adeguamento della segnaletica di avviso per gli altri utenti della strada
- Adeguamento dell’illuminazione sui percorsi individuati
- Adeguamento del fondo stradale e delle sezioni stradali
- Protezione delle altre correnti di traffico
Monitoraggio e controllo
Il rispetto delle prescrizioni in questione deve inoltre essere verificato attraverso una attenta azione di monitoraggio, da effettuarsi a cura degli organi vigilanti con modalità da definire in base alle condizioni operative ed alle disponibilità di risorse. Si potrebbe peraltro pensare di utilizzare, a titolo di esempio, anche i dispositivi per il monitoraggio degli ingressi e delle uscite dei mezzi in corrispondenza degli accessi al polo industriale (dispositivi di conteggio automatico dei veicoli in ingresso e uscita, telecamere di monitoraggio, ecc.), fino ad arrivare all’uso spinto delle moderne piattaforme di gestione delle flotte. Occorre inoltre prevedere, compatibilmente con le esigenze operative della Polizia Municipale, opportune operazioni di controllo in strada dell’effettivo rispetto delle prescrizioni segnalate (es. divieto di impegnare strade diverse da quelle previste o orari differenti da quelli concordati se non per cause di forza maggiore).
Analisi degli impatti legati alla gestione dell’emergenza del rischio trasporto merci pericolose
La gestione del traffico stradale in caso di emergenza generata dal trasporto merci pericolose deve essere pianificata ed eseguita secondo procedure definite in anticipo, considerando i percorsi impegnati dai mezzi in esame e le strade potenzialmente interessate dalle ripercussioni di eventuali incidenti. La pianificazione di percorsi ed orari relativa ai transiti delle merci pericolose, già esposta, consente a questo punto di definire le procedure da seguire per l’emergenza in modo schematico ed accurato.
Con riferimento quindi alle strade impegnate dal transito delle merci pericolose, occorre effettuare una analisi che consenta di definire una procedura per gestire l’emergenza (es. incidente tale da causare la chiusura della strada in questione), a livello di gestione del traffico veicolare presente sul ramo stradale al momento dell’incidente, chiusura totale o parziale del ramo stradale su cui si verifica l’incidente (e deviazione del traffico in arrivo sulla rete stradale circostante), definizione dei percorsi alternativi su cui far incanalare i flussi in arrivo (modifica dei sensi di marcia, gestione delle intersezioni, ecc.).
Conclusioni
La complessità del traffico stradale, anche solo in condizioni “ordinarie”, costituisce un problema difficile da affrontare per tutte le grandi città. La contemporanea presenza, in prossimità dei centri abitati, di grandi poli industriali, fa sì che la rete stradale ad uso dei cittadini sia interessata anche dai flussi di materie in ingresso o uscita dal sito produttivo.
Spesso non è possibile separare del tutto i mezzi che trasportano merci pericolose da quelli che percorrono la rete ordinaria, a causa della conformazione della città e della configurazione della rete stradale. Occorre quindi farli coesistere, studiando in modo approfondito i problemi aggiuntivi che questa situazione comporta e mettendo in atto adeguate misure di riduzione del rischio. In tali situazioni, può non bastare, infatti, affidarsi al Piano Urbano del Traffico, alle singole disposizioni dei vari datori di lavoro ed alla “semplice” attenzione e disciplina che le persone devono avere alla guida.
La messa in opera di un sistema di gestione complesso come quello descritto consente di analizzare la situazione in modo approfondito, e di definire adeguatamente le misure di riduzione del rischio. Occorre però implementare il sistema lavorando con serietà e competenza, visti i pericoli con cui si ha a che fare.
Ma la vera sfida, difficile ma decisiva per la riuscita del progetto, consiste nel far lavorare insieme tutti i soggetti coinvolti (Comune, datori di lavoro, trasportatori, forze dell’ordine, ecc.). La complessità del problema richiede una soluzione ugualmente complessa: senza uno sforzo comune e coordinato da parte di tutti i soggetti rilevanti è impossibile trovarla.
I datori di lavoro che condividono questo approccio potranno rivendicare, con orgoglio, l’attenzione che pongono per la sicurezza dei loro lavoratori. E una città che affronti i suoi problemi in questo modo potrà davvero, ed a pieno titolo, ritenersi una “smart city”.
Sullo stesso argomento ho scritto anche su:
- Logistica Management (qui il pdf)
- Smart City & Mobility Lab (qui il pdf)
- Puntosicuro (qui il link).