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Il bike to work, gli indennizzi INAIL ed i piani spostamento casa-lavoro. Consigli per i mobility manager (e gli RSPP).

Foto by Pixabay

Cosa è il bike to work?

Sono indennizzati gli infortuni in bici in itinere?

E cosa prevedono i piani spostamento casa-lavoro?

Qui alcune indicazioni per mobility manager ed RSPP.

Cosa è il bike to work?

Questa iniziativa, nata molti anni fa all’estero, si è ormai diffusa anche in Italia, e prevede di riconoscere, a chi usa la bicicletta per fare il proprio spostamento casa-lavoro, una somma economica variabile in funzione della distanza percorsa. Si parla di pochi centesimi a km, probabilmente non sempre sufficienti a far propendere la scelta verso l’uso della bici per motivi puramente monetari. Tuttavia, si tratta di una misura significativa in quanto riconosce a chi si muove in bicicletta un valore positivo dal punto di vista sociale ed ambientale, in quanto non produce alcuna emissione di sostanze inquinanti o di gas serra. A differenza di chi usa il trasporto motorizzato privato, come l’auto o lo scooter (il trasporto pubblico presenta valori di emissione pro capite non nulli, ma sensibilmente più bassi rispetto a quello motorizzato individuale).

Vi invito ad inquadrare la questione nel più ampio discorso dei costi esterni derivanti dalla mobilità, e capite bene che la cosa assume perfettamente senso. I costi esterni sono infatti quegli oneri derivanti dalla mobilità delle persone ma “pagati” dalla collettività intera, anche cioè da chi non genera tali spostamenti. Ad esempio, tra i “costi” generati da uno spostamento in auto ci sono le emissioni di sostanze inquinanti e gas serra, oneri a carico di tutti, anche di chi non ha effettuato lo spostamento in questione (da cui l’aggettivazione “esterni”). Non potendo “far pagare” a chi si muove con mezzi motorizzati il corrispettivo dei costi esterni da loro generati, si comprende come il riconoscimento di una somma economica a favore di chi usa modi di trasporto privi di emissioni nocive sia una misura che, in qualche modo, riconosca ad essi il beneficio che apportano alla collettività.

Questa misura si sposa peraltro perfettamente anche con l’attività dei mobility manager, che nella redazione del Piano Spostamenti Casa-Lavoro hanno proprio lo scopo di ridurre gli effetti ambientali nocivi derivanti dalla mobilità in itinere dei dipendenti. Ricordo infatti come il provvedimento di legge istitutivo di tale figura sia stato emanato proprio con tale obiettivo, e come quindi la riduzione degli spostamenti motorizzati individuali per l’itinere (con car pooling, trasporto pubblico o – meglio ancora – spostamenti in bicicletta) sia il naturale approccio delle misure contenute nei Piani Spostamento Casa-Lavoro.

L’infortunio in bicicletta è coperto dall’INAIL?

Fino a qualche anno fa, numerosi lavoratori che incorrevano in incidenti stradali durante il loro tragitto casa-lavoro in bici non vedevano tale incidente indennizzato da parte di INAIL. La variazione successivamente intervenuta ha risolto, finalmente, tale questione. Chi riveste il ruolo di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (RSPP) per le aziende ai sensi del Testo Unico per la Salute e Sicurezza dei Lavoratori (D. Lgs. 81/2008) è bene che ne sia pienamente consapevole ed informato.

La Circolare INAIL n. 14 del 25/03/2016 specifica che “a prescindere dal tratto stradale in cui l’evento si verifica, l’infortunio in itinere occorso a bordo di un velocipede deve essere, al ricorrere di tutti i presupposti stabiliti dalla legge per la generalità degli infortuni in itinere, sempre ammesso all’indennizzo”. Dunque, gli infortuni che avvengono in bicicletta su una strada aperta al traffico saranno valutati da INAIL per verificare se ricorrono le condizioni per ammettere l’indennizzo, e non immediatamente rifiutati come “eventi non indennizzabili”. Occorre infatti ricordare che il riconoscimento dell’infortunio non è mai automatico: ogni incidente viene analizzato in dettaglio, e l’infortunio e indennizzato solo se ricorrono determinate condizioni (normalità del percorso, orari ricollegabili a quelli di lavoro, assenza di interruzioni o deviazioni di percorso, ecc.).

Prima della circolare citata, INAIL riconosceva l’infortunio in bici solo in caso di evento avvenuto in una zona interdetta al traffico o su una pista ciclabile. Per quegli eventi che si verificavano su strada aperta al traffico di veicoli a motore, l’uso della bicicletta doveva dimostrarsi indispensabile, e l’infortunio veniva riconosciuto solo in caso di assenza o di insufficienza dei mezzi di trasporto o a causa della non percorribilità a piedi del tragitto.

Le modifiche introdotte dalla circolare INAIL fanno seguito alle disposizioni emanate dal Collegato ambientale alla legge di stabilità 2016 (art.5, commi 4 e 5, della legge 221/2015), che finalmente considerano l’utilizzo del velocipede sempre necessitato e, quindi, equiparato a quello del mezzo pubblico o al percorso a piedi.

Qui la Circolare INAIL n.14 del 25/03/2016 “Linee guida per la trattazione dei casi di infortuni in itinere. Utilizzo del velocipede” (pdf).

I Piani spostamento casa-lavoro (PSCL) guardano anche alla sicurezza stradale?

È utile mettere in evidenza il ruolo dei Piani spostamento casa-lavoro con riferimento alla sicurezza stradale.

L’adozione dei piani spostamento casa-lavoro costituisce un primo passo, grazie al quale quantomeno l’azienda inizia a prendere in considerazione la questione della mobilità dei propri dipendenti. Ma per arrivare a gestire la sicurezza stradale sul lavoro occorre che I datori di lavoro, se “partono” dai PSCL, facciano due passi avanti:

1 – I PSCL derivano da un decreto di “stampo ambientale”, avente l’obiettivo di ridurre l’uso individuale dell’auto privata in itinere per contenere emissioni inquinanti e di gas serra. Le misure possibili vengono dunque previste e lette in quest’ottica, e non in quella di ridurre il rischio stradale. Se dall’auto passo al TPL, riduco con una certa sicurezza il mio rischio stradale. Se invece passo alla bici (altra misura dei PSCL ed obiettivo ambientale) non è detto che il mio rischio stradale in itinere diminuisca (dipende dalle condizioni e dai percorsi: in alcuni casi potrebbe perfino peggiorare). Il PSCL è un ottimo strumento (su cui peraltro ci lavoro e che personalmente approvo in pieno), ma ha appunto l’obiettivo di ridurre le emissioni atmosferiche, non il rischio per I lavoratori. Per usarlo anche a tale scopo, occorre “potenziarlo” con metodi adeguati (es. se convinco i dipendenti ad andare in bici, è bene che faccia loro una bella formazione specifica per I rischi stradali per I ciclisti, che fornisca loro equipaggiamenti di sicurezza ed indicazioni sui percorsi consigliati e sconsigliati, ecc.).

2 – il PSCL si occupa solo dell’itinere. Per numerose categorie di lavoratori il rischio stradale, oltre che in itinere, si manifesta soprattutto proprio in orario di lavoro. Lavoratori che trasportano merci o persone, che si occupano di servizi e manutenzioni, che appartengono ad organi di sicurezza ed emergenza, ecc. L’elenco è lunghissimo. Per tutte queste categorie (ogni datore di lavoro adesso sarà in grado di individuare le mansioni dei propri lavoratori che sono coinvolte nel problema), l’esposizione al rischio stradale è una costante non eliminabile dalla propria attività lavorativa. E la cosa non è banale (e rimando alle statistiche INAIL per ogni considerazione). Qui il PSCL “non arriva”, ed occorre agire in modo serio ed accurato, usando a tale scopo per bene la propria valutazione dei rischi e misure correlate (ex-D.Lgs 81/08) e, meglio ancora, estendendo allo scopo il proprio sistema di gestione ISO 45001 (ammesso, anzi sperando, che l’azienda lo abbia) per abbracciare anche i requisiti dello standard ISO 39001 (specifico sulla sicurezza stradale).