Come vado oggi in ufficio? Prendo la macchina, la bici o il treno? Molto spesso la scelta è obbligata e non dipende neanche da noi. Vediamo a cosa serve la pianificazione urbanistica e territoriale.
Partiamo da Busto Arsizio…
Nei giorni scorsi ho avuto il piacere di partecipare al terzo degli incontri con i cittadini previsti nella fase conoscitiva del Piano Urbano di Mobilità Sostenibile (PUMS) di Busto Arsizio, al quale noi di Trafficlab stiamo lavorando con TTA Trasporti Territorio Ambiente e Cras s.r.l. Abbiamo presentato lo stato di avanzamento delle attività e supportato l’assessore alla mobilità nell’ascolto dei cittadini. Tante le problematiche sollevate, tra cui: la necessità di potenziare le infrastrutture ciclabili, la poca sicurezza percepita su numerose strade per la velocità delle auto, il miglioramento degli accessi di alcune scuole, la mancanza di negozi di generi alimentari di vicinato, ecc. Queste tematiche emergono ogni volta in cui si avvia un percorso partecipato con i cittadini in tema di mobilità urbana e di vivibilità delle città.
Non esistono soluzioni sempre valide, perché ogni città fa storia a sé. Ci sono però indicazioni e linee guida che sappiamo essere efficaci, e che applicheremo anche in questo contesto per migliorare gli spostamenti di persone e merci sul territorio cittadino e, più in generale, le condizioni di vita di tutti i residenti.
La partecipazione dei cittadini in questi percorsi è importante, ed è un aspetto che anni fa era trascurato. Ora non più, e gli incontri previsti durante questi processi servono proprio ad ascoltare le persone, ed a comprendere a fondo quali siano le esigenze più sentite. Magari non si potrà dare soluzione ad ogni singola problematica, ma si tratta comunque di un momento importante di dialogo tra le amministrazioni ed i cittadini.
Invito quindi in generale tutti voi a partecipare agli incontri di questo tipo promossi dalle vostre amministrazioni (come anche alla loro richiesta di inviare segnalazioni e di compilare i questionari via web sui portali attivati a tale scopo). Vi garantisco che, partecipando con lo spirito e l’approccio giusto, non avrete mai la percezione che sia stata una perdita di tempo!
…e ora facciamo un discorso più generale
Come vado oggi al lavoro? Prendo la macchina, la bici o il treno?
Bella domanda… ma si tratta davvero di una “scelta” tra diverse alternative, oppure abbiamo a che fare con una scelta obbligata?
Molti di noi la vivono come esperienza personale: spesso è difficile scegliere come muoversi (in treno, in auto, in bicicletta, ecc.), a causa delle “condizioni al contorno“, che risultano decisive. Innanzitutto, influisce la distanza tra la propria residenza ed il luogo di lavoro (o di studio). Poi occorre considerare le infrastrutture (strade, ferrovie), i mezzi (auto, scooter, bicicletta, ecc.) ed i servizi (treni, autobus) che si hanno a disposizione per effettuare lo spostamento. E non sempre si può scegliere tra diverse alternative, per vari motivi. In tutto questo gioca un ruolo preminente la pianificazione urbanistica e territoriale.

Oltre alla disponibilità delle alternative per muoversi, molto spesso, sia chi si muove con mezzi propri che chi si muove in mezzi collettivi lamenta disagi e cattiva efficienza del sistema di trasporto che usa, soprattutto negli spostamenti verso le grandi città. E questi problemi possono derivare da scelte che non hanno a che fare solo con l’infrastrutturazione del territorio, ma anche con la gestione dello stesso a livello urbanistico. E questa criticità, che hanno alcune grandi città (non tutte, per fortuna) ed il loro hinterland, è stata generata da una cattiva o mancata pianificazione delle funzioni del territorio negli anni, che sono state spesso “separate” in modo scorretto e distanziate fisicamente senza ragionare sul sistema dei trasporti e della mobilità che le deve supportare.
Prima del ventesimo secolo, le città erano sostanzialmente “compatte”, e le strade non erano usate per “canalizzare” i flussi di traffico, ma ricoprivano diverse funzioni legate alle attività umane (relazioni, commercio, ecc.). L’uso dello spazio urbano è stato poi inevitabilmente influenzato dalla mobilità motorizzata, aspetto che ha impattato non solo su strade e piazze preesistenti, ma anche sulle modalità di espansione delle periferie, soprattutto nella seconda metà del secolo scorso.
Consideriamo poi che le periferie di molte grandi città, in Italia e non, sono spesso caratterizzate secondo queste tipologie:
- zone residenziali, siano esse realizzate da grandi palazzi o da villette indipendenti, del tutto prive di molte delle funzioni tipiche delle necessità di tutti i giorni (es. piccoli esercizi alimentari, edicole, bar, ecc.).
- aree commerciali, separate (e distanziate) da quelle residenziali, che concentrano esercizi di notevoli dimensioni (come i megastore delle diverse catene commerciali);
- zone produttive e “direzionali”, a loro volta concentrate in edifici ed in luoghi appositamente dedicati, che non ospitano altre attività e che “vivono” secondo gli orari lavorativi (si “spengono” – letteralmente – al termine dell’orario di lavoro).
Quello che si osserva quindi è che i luoghi relativi alle diverse funzioni vengono “aggregati” per tipologia (zone residenziali, zone commerciali, zone direzionali), e collocati a distanze non trascurabili. E questa situazione rischia di non lasciare altra scelta se non quella di utilizzare l’automobile per raggiungere i diversi luoghi di interesse, a meno di non avere una buona rete ciclabile per gli spostamenti di corto raggio ed un trasporto pubblico robusto per gli spostamenti più lunghi.
Se poi le “funzioni” in questione non sono solo separate, ma anche disperse su vaste aree, la situazione è ancora peggiore. Questa condizione è visibile in alcuni contesti (come quello, paradigmatico, dei famosi sobborghi statunitensi), e viene connotata con l’espressione sprawl urbano. In tale situazione, le distanze in gioco per svolgere anche le attività fondamentali e quotidiane fanno sì che sia impossibile non usare un mezzo a motore per ogni singolo spostamento. La distribuzione delle residenze, in particolare, deve quindi essere sufficientemente “compatta”, ma questo ancora non basta. Occorre anche evitare di creare dei “quartieri dormitorio”, cioè dei quartieri costituiti da sole abitazioni e privi dei servizi essenziali per la quotidianità (es. esercizi alimentari di vicinato, uffici postali, ambulatori medici, ecc.), che costringono chi ci vive a muoversi in auto anche per le esigenze più basilari. Illuminante, a questo proposito, quanto viene oggi studiato e promosso in tema di “città a 15 minuti“, città cioè immaginate per offrire ai cittadini tutti i servizi essenziali in un raggio di 15 minuti a piedi a partire dalla propria abitazione.
Cosa sono le città a 15 minuti?
Le città a 15 minuti sono un modello di sviluppo urbano sostenibile che mira a rendere le città più vivibili, riducendo la dipendenza dall’auto e favorendo la mobilità attiva e la prossimità dei servizi. Il concetto è stato proposto dall’urbanista franco-colombiano Carlos Moreno e adottato dalla sindaca di Parigi Anne Hidalgo nel suo programma elettorale del 2020.
L’idea è che ogni cittadino possa raggiungere a piedi o in bicicletta, entro un quarto d’ora da casa, tutto ciò di cui ha bisogno per vivere, lavorare, studiare, fare la spesa, curarsi, divertirsi e socializzare. In questo modo si riduce il traffico, l’inquinamento, il rumore e lo stress, si migliora la qualità dell’aria, della salute e del benessere, si valorizzano i quartieri, la diversità e la partecipazione. Le città a 15 minuti non sono una novità assoluta, ma si basano su precedenti esperienze e teorie di urbanistica, come l’unità di vicinato di Clarence Perry o il modello di Jane Jacobs. Tuttavia, il concetto ha guadagnato popolarità e interesse in seguito alla crisi climatica e alla pandemia di COVID-19, che hanno messo in evidenza i limiti e i problemi delle città attuali. Molti comuni nel mondo stanno sperimentando o progettando di adottare il modello delle città a 15 minuti, tra cui Milano, Roma, Barcellona, Madrid, Edimburgo, Seattle e molte altre. Si tratta di una sfida complessa e ambiziosa, che richiede una pianificazione strategica, un coinvolgimento della comunità e una trasformazione delle infrastrutture e dei servizi urbani.
In questo contesto si inseriscono poi movimenti di vario tipo, come il movimento car-free, una rete informale di individui ed organizzazioni che si battono per creare luoghi dove l’uso delle automobili sia ridotto o eliminato, favorendo l’utilizzo dei mezzi pubblici, della bicicletta e dei trasporti a piedi. Questo approccio si intreccia con il Nuovo Urbanesimo, un movimento che promuove lo sviluppo urbano sostenibile, la riqualificazione delle periferie e la mobilità pedonale. Tra le iniziative a sostegno del movimento car-free ci sono i Car Free Days, giornate in cui il traffico stradale viene ridotto in una città per permettere alle persone di sperimentare una città senza auto.
I quartieri car-free sono aree residenziali o miste progettate senza possibilità di parcheggio, con vantaggi come una migliore qualità dell’aria, minor impatto acustico e aumento dell’autonomia negli spostamenti dei bambini. Tuttavia, i principali problemi derivano dalla gestione dei parcheggi, con fenomeni di sosta selvaggia in aree circostanti. Nonostante ciò, iniziative e strategie car-free possono contribuire a migliorare la qualità della vita delle persone e ridurre la congestione urbana.
Per tornare alla domanda di apertura, la causa dell’uso intensivo delle auto è quindi spesso da ricercare al di fuori delle preferenze personali, e può derivare, come nel caso delle periferie metropolitane, da situazioni che ne obbligano l’uso, e che derivano da scelte (o forse è meglio dire “non scelte”?) quantomeno poco attente alle esigenze ed ai bisogni veri delle persone, come quello di avere una adeguata qualità della vita.
La pianificazione urbanistica ed i PUMS come strumenti di rigenerazione urbana.
La pianificazione urbanistica è anche uno strumento che consente di rigenerare vaste zone urbane che hanno avuto in passato una data funzione (es. produttiva) e che possono, a distanza di anni, rinascere con un nuovo ruolo.
La pianificazione urbanistica si intreccia anche con quella della mobilità, con particolare riferimento ai Piani Urbani della Mobilità Sostenibile (PUMS), come quello di Busto Arsizio già citato. Ricordo che, in Italia, il concetto di PUMS è stato introdotto ufficialmente nel 2017 con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti recante l’”Individuazione delle linee guida per i piani urbani di mobilità sostenibile”, successivamente aggiornato con un nuovo Decreto dell’agosto 2019.
A questo proposito, aggiungo di seguito quanto riportato sul sito OsservatorioPUMS.it, al quale rimando per ulteriori approfondimenti.
Il PUMS (Piano Urbano della Mobilità Sostenibile) è un piano strategico che si basa sugli strumenti di pianificazione esistenti e tiene in debita considerazione i principi di integrazione, partecipazione e valutazione per soddisfare, oggi e domani, le necessità di mobilità delle persone e delle merci con l’obiettivo di migliorare la qualità della vita nelle città e nei loro dintorni. Le politiche e le misure definite in un PUMS devono riguardare tutti i modi e le forme di trasporto presenti sull’intero agglomerato urbano, pubbliche e private, passeggeri e merci, motorizzate e non motorizzate, di circolazione e sosta. Le amministrazioni comunali non devono considerarlo come un piano aggiuntivo. È fondamentale rimarcare che un Piano Urbano della Mobilità Sostenibile si costruisce su piani già esistenti estendendone i contenuti.
Una bella iniziativa (che mi ha visto coinvolto…)
Tra i tanti esempi di buone pratiche, ne segnalo una su cui ho avuto il piacere di essere coinvolto tempo fa. Su invito del Clust-ER Greentech Energia e Sviluppo Sostenibile, ho avuto il piacere di intervenire in tema di mobilità sostenibile nell’ambito di un laboratorio di co-progettazione organizzato dal Comune di Reggio Emilia. L’attività riguarda il Parco Innovazione, nel quale hanno sede diverse imprese e laboratori di ricerca. L’iniziativa è finanziata dalla Regione Emilia-Romagna (nell’ambito del progetto “SDG GO BUSINESS – Laboratori territoriali per l’innovazione e la sostenibilità delle imprese”), e riguarda nel suo complesso una imponente opera di riqualificazione urbanistica associata ad un programma di potenziamento del network tra imprese e di aumento dell’attrattività del territorio. Con questo progetto si migliorano in un colpo solo ed in modo dirompente città e territorio, sotto tutti i punti di vista (economico, sociale, tecnologico ed ambientale). Lo segnalo in particolare agli amministratori pubblici: è una iniziativa da cui prendere esempio.
Conclusioni
Il problema del traffico e della congestione stradale (ma anche del sovraffollamento dei treni) si affronta con una azione di pianificazione territoriale ed urbanistica intelligente e adeguata. Ed i cittadini devono essere informati e consapevoli del fatto che la loro città ed il loro territorio non sia un contesto fisso ed immutabile, ma che anzi può essere molto migliorato se le amministrazioni prendono le giuste decisioni, influendo in positivo sulla qualità della loro vita molto di più di quanto spesso non si possa ottenere costruendo magari opere “grandi”, grosse e costose ma dalla dubbia utilità (come capita quando c’è cattiva o nulla pianificazione).
È bene che tutti se ne ricordino.
Se avete curiosità o richieste specifiche su quanto riportato nell’articolo, o per sapere quali servizi offro con Trafficlab sul tema, contattatemi pure.
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