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Come ridurre il “rischio stradale” lavorando sulla “componente spostamento / organizzazione”.

Quando il modello organizzativo aziendale prevede la presenza di determinati elementi di “pressione” (diretta o indiretta), i lavoratori sono indotti a comportarsi in modo tale da esporsi a rischi molto elevati. Rischi che, in caso di attività lavorative su strada, non coinvolgono solo loro, ma anche tutti gli altri utenti della strada stessa.


Premessa

Qualche tempo fa, all’alba, Sara (27 anni) è morta alla guida della sua auto dopo averne perso il controllo. Sara lavorava come infermiera presso una struttura riabilitativa in Puglia, ed al momento dell’incidente era di rientro dopo il secondo turno di notte consecutivo. Parliamo quindi di una morte sul lavoro, avvenuta “in itinere” (cioè durante lo spostamento casa-lavoro o viceversa).

La componente “spostamento / organizzazione” è una delle componenti rilevanti del “sistema guida“, sulla quale occorre intervenire per ridurre il rischio stradale (le altre componenti su cui le organizzazioni possono intervenire, senza considerare i gestori stradali, sono la “componente uomo” e la “componente veicolo“).

Quando si effettua la valutazione dei rischi a cui sono esposti i lavoratori (e qui mi rivolgo ai tanti colleghi che lo fanno di mestiere) non va dimenticato di analizzare anche la fase di itinere, specie se questa avviene alla guida di un mezzo proprio e coinvolge persone con mansioni particolari, come ad esempio quelle che prevedono il lavoro su turni. In alcuni casi, si può riconoscere per tali lavoratori un livello di esposizione al “rischio stradale” superiore alla media, e quindi cercare di adottare specifiche misure di riduzione del rischio intervenendo sulla componente individuale (lavorando ad esempio sulla formazione specifica) o organizzativa (lavorando ad esempio sulla pianificazione di orari e spostamenti). Nello specifico caso non va peraltro dimenticato come purtroppo il personale sanitario sia sottoposto ad altissimi livelli di stress, aspetto che rende tale categoria di lavoratori meritevole di particolare attenzione. E meritevole anche, aggiungo, di un ringraziamento sincero ed universale da parte di tutti noi.

In generale, occorre quindi studiare adeguatamente la fase derivante dall’organizzazione del lavoro.

Spostamento: gli aspetti da considerare

Prendendo spunto dall’ottimo documento inglese “Driving at Work” (HSE, 2014 – pdf), segnalo agli RSPP ed ai responsabili della sicurezza delle organizzazioni interessate quali sono gli aspetti su cui, per ogni mansione considerata, occorre porre attenzione.

  • Si esegue una pianificazione totale dei percorsi?
  • Si programmano gli spostamenti in modo realistico?
  • Siete sicuri che il tempo stimato sia sufficiente per completare in sicurezza ogni spostamento?
  • Siete sicuri che i guidatori non siano messi a rischio a causa della stanchezza data da percorrenze eccessive senza pause?
  • Siete sicuri che sia data sufficiente importanza alle condizioni meteo avverse in fase di pianificazione dei viaggi?

Naturalmente, ognuna di queste domande apre in realtà un tema vasto, che occorre approfondire per verificare che non sia rimasto “scoperto” in termini di valutazione dei rischi e di definizione delle misure di riduzione.

L’influenza dell’organizzazione sulle persone.

Riporto qui alcune considerazioni fatte insieme alla dott.ssa Daniela Frisone, psicologa.

Quando si parla di interventi a favore della sicurezza stradale, o comunque interventi preventivi volti a preservare la salute e il benessere delle persone/lavoratori, spesso si parla di interventi formativi sull’individuo (corsi di guida sicura, ecc.) o di interventi sui mezzi (ad esempio dotando gli stessi di sistemi avanzati di ausilio alla guida, strumentazioni varie, ecc.). In realtà, il benessere lavorativo è un concetto più complesso, e riguarda l’individuo inserito in un sistema sociale ed in una organizzazione aziendale. Per aumentare la sicurezza non basta dunque intervenire solo sul singolo e sul mezzo, ma è necessario trovare il giusto bilanciamento tra i “bisogni organizzativi” ed esigenze individuali.

L’intervento di sensibilizzazione, finalizzato all’incremento della consapevolezza nei conducenti professionisti, è quindi legato al tema della “cultura aziendale della sicurezza”. Se ad un autotrasportatore, ad esempio, si propone un percorso formativo sulla sicurezza stradale (incentrato su temi quali percezione del rischio, sonnolenza, tempi di riposo, alcool, velocità, ecc.), occorre anche che, da parte aziendale, ci sia un approccio coerente, come ad esempio, definire tabelle di marcia congrue per effettuare i viaggi in sicurezza.

Interventi specifici sul benessere e sulla salute psicofisica dei lavoratori, anche attraverso interventi sull’organizzazione stessa, rappresentano strategie efficaci per ridurre il rischio stradale (sul lavoro e fuori). Percorsi formativi aziendali sulla resilienza personale e organizzativa creano sicurezza fornendo strumenti indispensabili per gestire lo stress, rafforzando le competenze emotive ed implementando strategie per risolvere i problemi in un’ottica proattiva.

Qui un articolo, scritto con Daniela Frisone, in cui approfondiamo tutto questo: “Dal “sistema guida” alla “resilienza personale e organizzativa”: l’importanza del fattore psicologico nel rischio stradale sul lavoro” (scritto con Daniela Frisone)PuntoSicuro – Quotidiano on line sulla sicurezza sul lavoro, ambiente, security (aprile 2016)Portale ASAPS (aprile 2016)Smart City & Mobility Lab (giugno 2016) – pdf.

Il caso particolare dei “rider”

Credo che il modello del food delivery, che coniuga digitalizzazione diffusa e micro-mobilità urbana, sia intrinsecamente (!) solido ed efficiente, aumentando in vario modo le opportunità per i clienti, per i negozi e per chi vuole lavorare. Ma non deve però trascurare i diritti di questi lavoratori (i rider, appunto), sia a livello di retribuzione che a livello di salute e sicurezza sul lavoro. Lavoro che, per inciso, si svolge al 100% su strada.

La strada è il “luogo di lavoro” dove sappiamo essere maggiori i rischi di infortuni gravi e mortali. E in tale contesto, come ripeto spesso, il fattore “organizzazione” rischia di essere, se gestito male (ad esempio inducendo fretta o urgenza negli spostamenti), quello che fa aumentare maggiormente il rischio di incidente. Considerazione che vale peraltro non solo per il settore del food delivery, ma per ogni tipo di attività lavorativa condotta su strada.

Uno studio britannico sui problemi di sicurezza e sui diritti dei lavoratori ha evidenziato che i rider ed i conducenti di auto che svolgono servizi analoghi ai tassisti (ma attraverso le piattaforme per smartphone) vengono spesso indotti a guidare in condizioni tali da aumentare enormemente il rischio di incidenti. La ricerca è stata condotta da Heather Ward dello University College di Londra (e membro dello European Transport Safety Council), e finanziata dal Road Safety Trust del Regno Unito.

I lavoratori coinvolti per l’effettuazione della ricerca sono corrieri autonomi che consegnano pacchi e cibo e “tassisti” autonomi che lavorano tramite le app. Dallo studio emerge che la maggior parte di questi lavoratori non ha ricevuto nè formazione sulla sicurezza stradale, nè dispositivi di protezione individuale (es. gilet ad alta visibilità), dovendo provvedere in autonomia. Ed ancora: il 42% ha riferito che il proprio veicolo aveva avuto danno a seguito di un incidente durante il lavoro, ed infine: il 10% ha riferito di essere stato coinvolto in incidenti con lesioni (sue o di altri).

Il problema di fondo è che, man mano che i lavoratori “entrano” in questo settore economico (e quindi man mano che la concorrenza tra di loro aumenta), per conservare l’introito abituale occorre aumentare sia il numero di ore necessarie per lavorare che le distanze che devono essere percorse. È vero che questi lavoratori sono in un certo senso “autonomi”, ma il fatto di operare come elementi umani di un processo gestito tramite una app li condiziona fortemente nel comportamento, come meglio evidenziato in questo schema (tratto dal report in questione).

A mio parere, le opportunità portate dalla cosiddetta gig economy sono assolutamente da cogliere, ma senza cadere nel tranello di sfruttarne solo gli aspetti positivi e trascurare la condizione delle persone. Nello specifico, il fatto di retribuire i rider in base al numero di consegne (e non in base al tempo di lavoro) è un aspetto che va corretto, non solo perché non è rispondente al tipo di attività condotta, ma anche perché mette a rischio la loro incolumità. Oltre, peraltro, a quella di tutti gli altri utenti della strada.

Come anticipato, volendo inquadrare il problema secondo lo schema del “sistema guida”, siamo nell’ambito della componente “spostamento / organizzazione”, le cui caratteristiche e condizioni generano un serio rischio di incidente in quanto influenzano (in negativo) il comportamento dei lavoratori. Consideriamo ad esempio le strette finestre temporali, la mancata flessibilità negli spostamenti (anche a fronte di condizioni ambientali avverse), la continua attenzione che gli operatori devono rivolgere alle notifiche ed alle indicazioni delle app con cui lavorano, ecc.

Una possibile misura: il sistema di premi/penalità

Molte delle realtà che si sono distinte positivamente sul tema a livello internazionale, i cui casi sono efficacemente evidenziati nel progetto “PRAISE” dello European Safety Transport Council, hanno ottenuto risultati importanti lavorando su un sistema di regole interne basato su premi e penalità da applicare ai dipendenti in relazione al loro comportamento alla guida. Tali regole, concordate con gli stessi dipendenti, hanno consentito di migliorare le loro prestazioni in termini di riduzione del rischio, basandosi sui dati raccolti periodicamente (es. multe avute per infrazioni stradali, sinistri occorsi, ecc.) ed utilizzati per l’applicazione delle regole stesse. Anche se tale metodologia è implementabile senza l’utilizzo di particolari tecnologie di bordo, è ovvio che con l’adozione delle piattaforme oggi disponibili si ha la possibilità di ottenere una mole di dati vasta e dettagliata, e di applicare così regole e procedure in modo estremamente accurato ed efficace.

In particolare, attraverso l’uso di uno specifico sistema tecnologico per la raccolta e l’analisi dei dati di guida è possibile definire numerose regole comportamentali e verificarne poi l’osservanza, elaborando analisi sia in modo aggregato che in modo dettagliato con riferimento ai singoli guidatori o alle singole tipologie di veicoli. Inutile dire come la possibilità di disporre di tali dati ed analisi consenta ad RSPP ed HSE manager aziendali di individuare in profondità i possibili comportamenti a rischio e definire le misure di miglioramento più adatte. Un sistema bilanciato di premi e penalità assicura infine l’efficace risposta da parte dei conducenti, che si sentono così parte essi stessi di un reale e concreto processo di miglioramento aziendale in termini di sicurezza e, più in generale, di attenzione al loro benessere lavorativo.

In merito a questo tema è importante evidenziare come in molte situazioni le aziende non attivano iniziative di questo tipo in quanto timorose di compiere delle inadempienze in merito agli obblighi di privacy nei riguardi dei dipendenti. Tale timore è spesso poco fondato, ed occorre valutare bene caso per caso per capire se l’iniziativa è attuabile o meno.

Conclusioni

In conclusione, la riduzione del rischio stradale passa attraverso un’attenta pianificazione e organizzazione degli spostamenti lavorativi. È fondamentale riconoscere l’importanza della componente organizzativa nel “sistema guida”, intervenendo con misure che considerino non solo la formazione e la dotazione dei mezzi, ma anche l’orario di lavoro, la pianificazione dei percorsi e il benessere psicofisico dei lavoratori.

Esperienze come quella dei rider e dei lavoratori del settore sanitario evidenziano quanto una gestione poco attenta possa aumentare notevolmente i rischi. Investire in strategie di prevenzione, con un equilibrio tra esigenze organizzative e necessità individuali, è la chiave per promuovere una cultura aziendale della sicurezza, migliorando non solo la salute e il benessere dei lavoratori ma anche la sicurezza di tutti gli utenti della strada.

I Datori di Lavoro, gli RSPP, gli HSE manager ed i preposti dei lavoratori che vanno su strada devono tenerne conto. Spero che questa riflessione possa essere utile a molti.