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Cambiamento climatico: impegni globali e tecnologie per decarbonizzare mobilità e trasporti.

Quanto influiscono mobilità e trasporti a livello di emissioni di CO2. Le responsabilità dei diversi Paesi. Gli obiettivi di riduzione dei gas serra. Gli impegni e le iniziative in ambito europeo. Come “decarbonizzare” mobilità e trasporti. Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) e mobilità sostenibile: gli esempi di Friburgo e Melbourne.


Premessa

Il settore della mobilità e dei trasporti contribuisce per una quota non trascurabile alle emissioni di CO2 in atmosfera, e quindi agli effetti del cambiamento climatico. Siamo tutti ben consapevoli della gravità della situazione dal punto di vista climatico e dell’urgenza di intervenire, a tutti i livelli, in modo rapido e deciso.

Perche ne parlo su queste pagine? Perché, per affrontare questo problema, occorre essere consapevoli del fatto che uno dei settori più critici (e quindi uno dei principali ambiti di intervento) è quello della mobilità e dei trasporti. Questo settore è infatti il secondo, in ordine di importanza, per impatto sull’atmosfera, come dimostra il grafico seguente.

Si potrà arrivare, speriamo il più presto possibile, ad eliminare del tutto l’uso di combustibili fossili per i trasporti. L’elettricità è già la soluzione per veicoli di taglia piccola e media, mentre con i carburanti sintetici (compreso l’idrogeno) si potranno far muovere i mezzi più grandi e pesanti, per i trasporti a lungo raggio (non solo terrestri). Ma, da subito, nelle città si può dare un enorme contributo alla causa, facilitando le condizioni che favoriscono la mobilità collettiva e quella pedonale e ciclabile, riducendo così di molto il traffico automobilistico (che, ad oggi, è ancora responsabile di una grande quantità di emissioni nocive). Istituzioni, aziende e cittadini lo tengano presente!

Cerchiamo però di inquadrare bene la questione.

Di chi è la colpa del riscaldamento globale dell’atmosfera?

La domanda va articolata meglio, per comprendere bene la questione. In realtà gli aspetti da considerare sono tre.

  1. Quali Paesi hanno emesso complessivamente più CO2 in atmosfera (e quindi hanno la maggiore responsabilità nell’averci portato nella brutta situazione in cui siamo ora)? Risposta: 1° Stati Uniti; 2° Cina; 3° Russia.
  2. Quali Paesi, oggi, emettono più CO2 (e quindi devono impegnarsi più degli altri per contenere le emissioni)? Risposta: 1° Cina; 2° Stati Uniti; 3° India.
  3. Quali Paesi oggi emettono più CO2 in rapporto alla popolazione (e quindi fanno sì che i loro cittadini abbiano lo stile di vita più dannoso per il pianeta)? Risposta: 1°: Qatar; 2°: Bahrain; 3°: Kuwait.

La fonte è CO2 emissions – Our World in Data (che vi consiglio di consultare anche per tante altre cose…).

Ho inserito per ogni “classifica” solo i primi tre Paesi, per motivi di spazio, ma questo può portare ad una lettura parziale dei dati. Invito tutti consultare le classifiche complete, che consentono di fare confronti non solo a livello geografico, ma anche nel tempo. I grafici sono interattivi, potete consultarli in tanti modi (anche come mappe o tabelle), selezionare il periodo temporale ed i Paesi di interesse, e lanciare animazioni. E vi invito anche ad “attivare” le aree geografiche a livello di continenti (es. l’Europa), per avere ulteriori informazioni.

Provate, e tanti aspetti diventeranno più chiari.

E, visto che ci stiamo appassionando un po’ tutti al tema dei cicli del pianeta, proviamo a vedere i numeri. È vero, nel tempo la concentrazione di CO2 varia e segue dei cicli. E quello che vediamo è che oggi abbiamo ampiamente sfondato il livello massimo raggiunto, ciclo dopo ciclo, negli ultimi 800.000 anni. E stiamo pure continuando a salire.
Quindi la risposta è: “Sì, il surriscaldamento del clima che stiamo osservando è colpa dell’uomo!”

In merito al “comportamento” più o meno virtuoso dei vari Paesi in tema di transizione energetica, ecco invece alcuni numeri sulla quota di energia elettrica prodotta con fonti rinnovabili:

  • Italia e Unione Europea: 36-38% (ma molti Paesi Europei superano ampiamente il 50%);
  • Cina: circa 30%;
  • India e Stati Uniti: 20-22%.

E le tendenze di lungo periodo sono, giustamente, in salita, e in direzione degli obiettivi che abbiamo a livello globale.

Gli impegni e le iniziative in ambito europeo.

L’Unione Europea ha intrapreso diversi impegni ufficiali per decarbonizzare la mobilità e i trasporti. Questi impegni sono parte di un piano più ampio per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, come delineato nel Green Deal europeo.

Uno degli strumenti principali per raggiungere questi obiettivi è il pacchetto “Fit for 55”, che prevede una serie di proposte legislative per garantire una transizione equa, competitiva e verde entro il 2030. Questo pacchetto include misure specifiche per il settore dei trasporti, come la riduzione del 55% delle emissioni delle automobili e del 50% delle emissioni dei furgoni entro il 2030, e l’obiettivo di raggiungere zero emissioni per le nuove automobili entro il 2035.

Inoltre, l’UE sta investendo in infrastrutture per i combustibili alternativi. Ad esempio, sono stati selezionati 24 progetti che riceveranno finanziamenti dell’UE per lo sviluppo di tali infrastrutture, con un investimento totale di circa 292 milioni di euro. Questi progetti contribuiranno a rendere la rete europea dei trasporti indipendente dai combustibili fossili.

Inoltre, la Commissione Europea ha presentato la “Sustainable and Smart Mobility Strategy”, che prevede 82 iniziative per guidare il lavoro della Commissione nei prossimi quattro anni. Questa strategia mira a aumentare l’adozione di veicoli, navi e aerei a emissioni zero, utilizzare combustibili rinnovabili e a basse emissioni e installare 3 milioni di punti di ricarica pubblici entro il 2030.

Come “decarbonizzare” mobilità e trasporti?

Qui entrano in gioco il mondo dell’elettrico, quello dell’idrogeno e quello dei carburanti sintetici.

A questo proposito, ritengo un buon compromesso quello raggiunto in sede europea sulla fine delle immatricolazioni di nuove auto a benzina e diesel dal 2035, ma consentendola per nuovi veicoli con motori a scoppio che dopo tale data funzionino esclusivamente con carburanti sintetici (e-fuel). Giusto per chiarirlo: i veicoli “tradizionali” con motore a scoppio (benzina o diesel) già immatricolati prima di quella data potranno continuare a circolare: non c’è nessun divieto rispetto a questo, e la vendita nei distributori di benzina e gasolio non verrà interrotta. Ma è ovvio che, da qui al 2035, le auto a benzina e diesel diminuiranno, con il parallelo incremento delle auto elettriche. L’accordo trovato sui carburanti sintetici aiuta a rassicurare una parte del mondo dei costruttori, che dicono difficile l’abbandono della tecnologia del motore endotermico nel giro di pochi anni.

Il vero nodo della questione è però relativo alle emissioni di CO2 in atmosfera, che devono essere interrotte al più presto in tutti i settori (compreso quello dei trasporti). È proprio per eliminare la CO2 generata dall’uso delle auto che si punta su quelle elettriche, o al limite alimentate ad idrogeno o con carburanti sintetici (e-fuel). Naturalmente, a condizione che sia l’energia elettrica che l’idrogeno utilizzati per la locomozione delle auto (e per la loro stessa costruzione) siano prodotte con fonti rinnovabili, e non bruciando carbone o idrocarburi (petrolio o metano) presi dal sottosuolo. I carburanti sintetici (ben diversi dai bio-carburanti!) si producono combinando atomi di idrogeno e di carbonio. L’idrogeno può essere ottenuto dall’acqua attraverso l’elettrolisi, mentre il carbonio può essere ricavato dall’aria o dalle emissioni dei processi industriali. Se l’energia impiegata in questi processi è rinnovabile, usando gli e-fuel si reimmette nell’atmosfera la stessa quantità di carbonio precedentemente catturata per produrli, quindi il processo è climaticamente neutro (o almeno, ci si avvicina molto), anche se ad oggi ancora molto costoso. In ogni caso, l’approccio generale, tanto a livello di produzione di energia (ad uso civile e industriale) quanto per i trasporti, è ormai chiaro: evitare di produrre energia o combustibili rilasciando in atmosfera carbonio (in forma di CO2) proveniente da carbon fossile, petrolio, metano o vegetali di vario tipo. Il carbonio già immagazzinato in natura in queste forme è bene che resti dov’è.

Le tecnologie per produrre energia e carburanti in modo pulito ci sono. Il mondo politico e quello delle imprese devono favorire questa benedetta transizione, per quanto possa essere complicata. E farlo alla svelta!

E nel frattempo, per chi si trovasse a dover cambiare auto, lo invito a sceglierla anche consultando il sito del programma GreenNCAP, che fornisce una classificazione delle auto in base agli inquinanti prodotti ed all’efficienza energetica del motore.

Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) e mobilità sostenibile: gli esempi di Friburgo e Melbourne.

Le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) rappresentano un modello di iniziativa locale che coinvolge vari attori e organizzazioni in progetti di energia comunitaria, con lo scopo di produrre e condividere energia rinnovabile tra i membri. Queste sono emerse in diverse regioni d’Italia a partire dal 2020, anche se non sono specificamente coinvolte nell’alimentazione dei sistemi di trasporto pubblico. Tuttavia, l’interesse crescente per la produzione e condivisione di energia rinnovabile a livello locale potrebbe portare a sviluppi simili in futuro.

Un esempio emblematico di utilizzo di energia rinnovabile per il trasporto pubblico si trova a Friburgo, in Germania, una città notevolmente attenta alla produzione di energia pulita e alla sostenibilità ambientale. Friburgo è casa del Fraunhofer Institute, il maggiore centro di ricerca europeo sull’energia solare, ed è riuscita a ridurre le emissioni di gas serra di 160 mila tonnellate/anno attraverso l’uso dell’energia solare. In particolare, il sistema di trasporto pubblico è composto principalmente da tram e autobus elettrici, con emissioni di monossido di carbonio pari a zero. E nel quartiere di Vauban, con case dotate di pannelli solari che producono più energia di quanta ne consumano, ci sono associazioni di cittadini che forniscono energia solare per il funzionamento del tram.

Un esempio simile di trasporto pubblico alimentato da energia rinnovabile si trova a Melbourne, in Australia, dove l’intero sistema tranviario, la rete più estesa al mondo, è stato convertito all’energia solare. Questa transizione è stata resa possibile grazie all’impianto fotovoltaico di Numurkah, situato nello stato di Victoria, che fornisce energia solare alla rete elettrica e ai tram attraverso l’acquisto di certificati verdi.

Conclusioni: cosa fare?

In conclusione, il percorso verso una mobilità e dei trasporti decarbonizzati è irto di sfide ma anche ricco di opportunità innovative e soluzioni sostenibili. Dalle ambiziose politiche dell’Unione Europea alle energiche iniziative locali come quelle di Friburgo e Melbourne, emerge un quadro chiaro: il futuro della mobilità si sta orientando verso l’adozione di tecnologie pulite e fonti energetiche rinnovabili.

Questo viaggio di trasformazione richiede un impegno collettivo e una cooperazione tra nazioni, industrie e comunità, affinché possiamo effettivamente ridurre l’impatto ambientale del settore dei trasporti e contribuire in maniera significativa alla lotta contro il cambiamento climatico. È essenziale continuare a promuovere la ricerca, l’innovazione e gli investimenti in quest’area, non solo per salvaguardare il nostro pianeta, ma anche per guidare un futuro più pulito, più verde e più sostenibile per le generazioni future.

La strada è tracciata e, con passi decisi e visione lungimirante, possiamo collettivamente percorrere questo cammino verso un orizzonte più sereno e sostenibile.