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Cambiamento climatico: possibili soluzioni lavorando su mobilità e trasporti.

Limitazione all’uso delle auto. Trasporto pubblico alimentato da comunità energetiche. Sviluppo della mobilità elettrica, ad idrogeno e con carburanti sintetici. Un problema (enorme), tante possibili soluzioni da usare in modo congiunto. Cerchiamo di capirne di più.


Partiamo dalle notizie di attualità

Intanto una buona notizia! Il Parlamento Europeo ha rivisto il regolamento che stabilisce i livelli vincolanti di riduzioni annuali per le emissioni di gas serra per il trasporto su strada, il riscaldamento degli edifici, l’agricoltura, i piccoli impianti industriali e la gestione dei rifiuti per ciascuno Stato membro dell’UE.

La nuova normativa innalza l’obiettivo di riduzione dei gas serra a livello europeo dal 30 al 40% rispetto ai livelli del 2005 entro il 2030, con obiettivi diversi per ogni singolo Paese in base a specifici parametri. Il regolamento fa parte del pacchetto “Pronti per il 55% nel 2030” (Fit for 55), che è il piano dell’UE per ridurre le emissioni di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, in linea con la legge europea sul clima. Spero che ogni Paese (compreso naturalmente il nostro) lo faccia in modo tempestivo ed efficace!

Il problema, come sapete, è molto serio. A chi fosse ancora scettico riguardo all’urgenza di abbattere le emissioni di CO2 in atmosfera va ricordato anche questo, se ancora non bastasse l’evidenza dei danni enormi che stiamo subendo ormai tutti quanti noi (a partire dalla scarsità di acqua e dalla perdita dei raccolti)! E non mi rivolgo solo ai cittadini, ma anche ai partiti politici.

Quando arrivano le crisi globali, che siano economiche, sanitarie o di altro tipo, le condizioni che si creano possono mettere seriamente a rischio buona parte delle abitudini e delle condizioni della vita di ognuno, magari faticosamente costruite e consolidate nel tempo. Ora: è chiaro da tempo che ci troviamo ad affrontare una crisi complessiva reale ed estesa, che ha risvolti ambientali, energetici, economici e sociali. E, in particolare, va considerato il problema del surriscaldamento globale, che sta già mostrando i suoi effetti ed è ormai giunto sulla soglia dell’irreversibilità.

Perche ne parlo su queste pagine? Perché, per affrontare questo problema, occorre essere consapevoli del fatto che uno dei settori più critici (e quindi uno dei principali ambiti di intervento) è quello della della mobilità e dei trasporti.

I problemi legati all’uso eccessivo di veicoli privati nelle città, come l’inquinamento e il traffico, sono noti e richiedono un miglioramento del nostro sistema di mobilità. Nonostante le molte pratiche positive esistenti, le misure attuate sono spesso insufficienti. Viviamo in un’epoca in cui tecnologie come internet possono ridurre i viaggi necessari, ad esempio permettendo il lavoro da casa. È quindi fondamentale offrire una vasta gamma di opzioni di mobilità a una società sempre più diversificata. Analizzare i comportamenti e le preferenze dei cittadini può aiutare a presentare alternative per la gestione della mobilità e dei trasporti.

La soluzione: diminuire l’uso individuale dell’auto ed incentivare le possibili alternative

Possiamo trovare in giro per il mondo innumerevoli esempi innovativi e buone pratiche, sia dal punto di vista tecnologico che da quello urbanistico, come pure da quello organizzativo. Ma sarebbe sbagliato focalizzarsi sulle singole tecniche applicate qua e là. Piuttosto, vanno create le condizioni perché venga concesso spazio a modelli di organizzazione urbana alternativa, per consentire alle persone di muoversi in modo più efficiente.

La scelta individuale più efficiente va quindi aiutata, incentivata e resa percorribile dalle istituzioni (Comuni, Regioni, governo nazionale). Basterebbero investimenti relativamente limitati nella pianificazione dei trasporti in ambito urbano per consentire a molti di avere una alternativa all’uso individuale dell’auto per ogni spostamento effettuato. E si potrebbe recuperare, anche in termini di denaro, molto di più dell’investimento iniziale, considerando la riduzione delle spese per i carburanti e di tutti i costi esterni correlati al trasporto privato (inquinamento, rumore, incidentalità, ecc.).

Come intervenire, nel dettaglio? Le soluzioni che posso suggerire sono note: disincentivare l’uso “individuale” dell’auto ed incentivare quello delle biciclette e del trasporto pubblico, ad esempio. Ma sappiamo bene che non basta affidarsi alla buona volontà di ognuno di noi: molto importanti sono le “condizioni al contorno”. Come approfondisco su altre pagine di questo sito, non tutti possono infatti rinunciare all’auto per usare il trasporto pubblico, magari semplicemente per inadeguatezza del servizio (in termini di disponibilità, accessibilità, orari, ecc.) in relazione al proprio caso particolare. Treni e autobus quindi non bastano, da soli, a risolvere il problema. Idem per le biciclette: sono comode per distanze brevi ed in condizioni adeguate (es. strade ben pavimentate, percorsi sicuri, ecc.), ma ancora oggi molte città italiane sembrano, purtroppo, essere decisamente inadatte ad essere attraversate in bicicletta.

Ai mobility manager di buona volontà suggerisco comunque di prendere seriamente in considerazione le iniziative volte ad offrire alternative appetibili rispetto all’uso individuale dell’auto. Un esempio è dato dalla condivisione degli spostamenti (car pooling), con cui è possibile pianificare con estrema flessibilità gli spostamenti casa-lavoro dei dipendenti di un’azienda (o di un distretto), consentendo di venire incontro alle esigenze di chi necessita di un passaggio in auto. E la condivisione dei viaggi consente peraltro a chi la pratica di recuperare parte delle spese sostenute per il carburante (es. organizzandosi a turno con le auto di diversi colleghi, oppure riconoscendo a chi guida un contributo in denaro), e di questi tempi non è davvero poco.

Comunità Energetiche Rinnovabili e mobilità sostenibile: gli esempi di Friburgo e Melbourne.

Le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) rappresentano un modello di iniziativa locale che coinvolge vari attori e organizzazioni in progetti di energia comunitaria, con lo scopo di produrre e condividere energia rinnovabile tra i membri. Queste sono emerse in diverse regioni d’Italia a partire dal 2020, anche se non sono specificamente coinvolte nell’alimentazione dei sistemi di trasporto pubblico come i tram. Tuttavia, l’interesse crescente per la produzione e condivisione di energia rinnovabile a livello locale potrebbe portare a sviluppi simili in futuro.

Un esempio emblematico di utilizzo di energia rinnovabile per il trasporto pubblico si trova a Friburgo, in Germania, una città notevolmente attenta alla produzione di energia pulita e alla sostenibilità ambientale. Friburgo è casa del Fraunhofer Institute, il maggiore centro di ricerca europeo sull’energia solare, ed è riuscita a ridurre le emissioni di gas serra di 160 mila tonnellate/anno attraverso l’uso dell’energia solare. Nota per la sua mobilità sostenibile, Friburgo ha un sistema di trasporto pubblico composto principalmente da tram e autobus elettrici, con emissioni di monossido di carbonio pari a zero. Il tram, in particolare, è alimentato da energia solare prodotta da un’associazione di cittadini.

Il quartiere di Vauban a Friburgo è un esempio brillante di utilizzo dell’energia solare, con case dotate di pannelli solari che producono più energia di quanta ne consumano. Le organizzazioni coinvolte nell’associazione di cittadini che fornisce energia solare al tram di Friburgo sono il Forum Vauban e Stadtteilverein Vauban e.V., entrambi con un focus sui temi sociali ed ecologici. Queste iniziative, unitamente all’impegno delle istituzioni locali come l’Università di Friburgo, hanno reso la città un modello di green city e un esempio di come l’energia solare possa essere utilizzata per alimentare i mezzi di trasporto pubblico.

Un esempio simile di trasporto pubblico alimentato da energia rinnovabile si trova a Melbourne, in Australia, dove l’intero sistema tranviario, la rete più estesa al mondo, è stato convertito all’energia solare. Questa transizione è stata resa possibile grazie all’impianto fotovoltaico di Numurkah, situato nello stato di Victoria, che fornisce energia solare alla rete elettrica e ai tram attraverso l’acquisto di certificati verdi.

Questi esempi rappresentano sia il presente che il futuro possibile dell’energia rinnovabile e della mobilità sostenibile, mostrando come le comunità locali possano svolgere un ruolo attivo nel promuovere l’uso di energie pulite e la riduzione delle emissioni di gas serra.

Ma non è possibile eliminare del tutto l’uso delle auto!

Vero, e qui entrano in gioco le modalità di uso dell’auto a zero emissioni: il mondo dell’elettrico, quello dell’idrogeno e quello dei carburanti sintetici.

A questo proposito, ritengo un buon compromesso quello raggiunto in sede europea sulla fine delle immatricolazioni di nuove auto a benzina e diesel dal 2035, ma consentendola per nuovi veicoli con motori a scoppio che dopo tale data funzionino esclusivamente con carburanti sintetici (e-fuel). Giusto per chiarirlo: i veicoli “tradizionali” con motore a scoppio (benzina o diesel) già immatricolati prima di quella data potranno continuare a circolare: non c’è nessun divieto rispetto a questo, e la vendita nei distributori di benzina e gasolio non verrà interrotta. Ma è ovvio che, da qui al 2035, le auto a benzina e diesel diminuiranno, con il parallelo incremento delle auto elettriche. L’accordo trovato sui carburanti sintetici aiuta a rassicurare una parte del mondo dei costruttori, che dicono difficile l’abbandono della tecnologia del motore endotermico nel giro di pochi anni.

Il vero nodo della questione è però relativo alle emissioni di CO2 in atmosfera, che devono essere interrotte al più presto in tutti i settori (compreso quello dei trasporti). È proprio per eliminare la CO2 generata dall’uso delle auto che si punta su quelle elettriche, o al limite ad idrogeno. Naturalmente, a condizione che sia l’energia elettrica che l’idrogeno utilizzati per la locomozione delle auto (e per la loro stessa costruzione) siano prodotte con fonti rinnovabili, e non bruciando carbone o idrocarburi (petrolio o metano) presi dal sottosuolo. I carburanti sintetici (ben diversi dai bio-carburanti!) si producono combinando atomi di idrogeno e di carbonio. L’idrogeno può essere ottenuto dall’acqua attraverso l’elettrolisi, mentre il carbonio può essere ricavato dall’aria o dalle emissioni dei processi industriali. Se l’energia impiegata in questi processi è rinnovabile, usando gli e-fuel si reimmette nell’atmosfera la stessa quantità di carbonio precedentemente catturata per produrli, quindi il processo è climaticamente neutro (o almeno, ci si avvicina molto), anche se ad oggi ancora molto costoso. In ogni caso, l’approccio generale, tanto a livello di produzione di energia (ad uso civile e industriale) quanto per i trasporti, è ormai chiaro: evitare di produrre energia o combustibili rilasciando in atmosfera carbonio (in forma di CO2) originato da carbone, petrolio, metano o vegetali di vario tipo. Il carbonio già immagazzinato in natura in queste forme è bene che resti dov’è.

Le tecnologie per produrre energia e carburanti in modo pulito ci sono. Il mondo politico e quello delle imprese devono favorire questa benedetta transizione, per quanto possa essere complicata. E farlo alla svelta!

Un suggerimento

Il Comitato Europeo delle Regioni ha messo a disposizione delle amministrazioni locali il primo manuale sull’adattamento ai cambiamenti climatici, creato secondo gli obiettivi fissati dal Green Deal.

Questo nuovo strumento interattivo, personalizzato per ogni Stato membro, ha come obiettivo quello di informare città e regioni sui finanziamenti e sugli strumenti tecnici che possano mitigare i mutamenti climatici e incentivare la transizione ecologica a seconda della conformazione geografica del luogo, allo scopo di favorire la resilienza dei territori e attenuare l’eventualità di catastrofi e danni.

Allego qui il documento personalizzato per l’Italia, utile per progetti di mobilità e trasporti e non solo.

Conclusioni: cosa fare?

Per chiudere, mi rivolgo ai decisori ed agli amministratori di ogni livello, dagli assessori ai trasporti ed all’urbanistica fino ai datori di lavoro ed ai mobility manager aziendali. Siamo tutti sulla stessa barca, ed occorre agire tempestivamente e con decisione. Che abbiate la possibilità di fare scelte di tipo urbanistico, tecnologico o organizzativo, fatelo presto (e ricordatevi che nei paesi più competitivi questo già si fa).

In qualche modo, occorrerà che tutti noi ci diamo una mossa.