Vai al contenuto

Zone30 e Città30 in Italia: le esperienze in corso e le modalità di attuazione.

Il modello “Città30”, con limite urbano a 30 km/h, sta trasformando le città italiane in spazi più sicuri e vivibili. Esperienze come quelle di Bologna e Olbia evidenziano una significativa riduzione degli incidenti stradali, confermando i benefici di questa misura. E, dopo la Direttiva del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, c’è ancora modo di metterla in pratica, come ha fatto il Comune di Lodi.


Cosa c’è scritto nel Codice della Strada riguardo ai limiti di velocità?

Come riporta questo articolo su bikeitalia.it, il comma 1 dell’art. 142 del Codice della Strada recita: “Ai fini della sicurezza della circolazione e della tutela della vita umana la velocità massima non può superare i 130 km/h per le autostrade, i 110 km/h per le strade extraurbane principali, i 90 km/h per le strade extraurbane secondarie e per le strade extraurbane locali, ed i 50 km/h per le strade nei centri abitati, con la possibilità di elevare tale limite fino ad un massimo di 70 km/h per le strade urbane le cui caratteristiche costruttive e funzionali lo consentano”. 

Il Codice parla dunque chiaramente di un limite massimo: quello che non si può fare è innalzare tale limite, mentre invece è consentito diminuirlo. Il comma 2 dello stesso articolo prevede infatti quanto segue: Entro i limiti massimi suddetti, gli enti proprietari della strada possono fissare, provvedendo anche alla relativa segnalazione, limiti di velocità minimi e limiti di velocità massimi, diversi da quelli fissati al comma 1, in determinate strade e tratti di strada quando l’applicazione al caso concreto dei criteri indicati nel comma 1 renda opportuna la determinazione di limiti diversi (…). Ed i criteri del comma 1 sono proprio quelli di garantire la sicurezza della circolazione e la tutela della vita umana.

Tenuto conto, come visto, che gli studi scientifici hanno dimostrato l’efficacia del limite a 30 km/h per ridurre il numero di morti in strada, ecco che l’adozione di limiti urbani di 30 km/h risulta coerente con quanto disposto dall’art. 142 del Codice della Strada.

È interessante osservare che il limite di velocità di 50 km/h nelle aree urbane italiane è stato introdotto per la prima volta nel 1959 con il Testo Unico delle norme sulla circolazione stradale (Decreto del Presidente della Repubblica (DPR) n. 393 del 15 giugno 1959 – art. 103) e con il relativo Regolamento per l’esecuzione (DPR n. 420 del 30 giugno 1959 – art. 509). Questi decreti sono rimasti in vigore fino al 1992, anno di entrata in vigore del nuovo Codice della Strada (Decreto Legislativo 30 aprile 1992, n. 285), Codice che ha comunque mantenuto inalterato il limite in questione. In ogni caso, ritengo che abbia senso, oggi, rivalutare quella scelta alla luce di come è cambiato il mondo della circolazione stradale dopo tanti anni.

Peraltro, è lo stesso Piano Nazionale per la Sicurezza Stradale ad oggi vigente (PNSS 2030 – pdf), emanato dal Ministero competente, che, recependo linee guida internazionali, indica il limite dei 30 km orari come misura chiave per ridurre gli incidenti sulle strade urbane. In particolare:

  • Se si vogliono limitare le possibili conseguenze degli incidenti, occorre limitare le velocità, tenendo conto dei possibili eventi, dei soggetti potenzialmente coinvolti e delle limitazioni fisiche del corpo umano. Sulla base dei risultati della ricerca si possono sintetizzare i seguenti principi cardine di questo approccio: dove ci possono essere impatti che coinvolgono veicoli e pedoni, la velocità dovrebbe essere limitata a 30 km/h” (PNSS 2030, pag. 22);
  • Ed ancora, nella sezione delle linee strategiche: in ambito urbano, in particolare, si propone, a valle di una revisione della gerarchizzazione delle strade, una chiara individuazione della viabilità a 50 km/h e delle zone a 30 km/h“»” (PNSS 2030, pag.79).

Ed è ancora il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che, con il Decreto 408 del 22/12/2022, ha destinato ai principali Comuni risorse economiche per la sicurezza stradale, citando nello specifico anche l’implementazione di Zone30 ed interventi di moderazione del traffico (qui la notizia sul sito del MIT).

Questo era il mondo fino al 2023. Tutto però è cambiato nel gennaio 2024, quando a Bologna è stata fatta la prima multa per il superamento del limite dei 30 km/h.

Il modello “Città30” e le scelte di Olbia e Bologna.

Come tante città in tutta Europa, anche in Italia da anni molte città hanno fissato il limite di 30 km/h su alcune specifiche strade o aree cittadine (con le cosiddette “Zone30”). L’evoluzione di questo processo ha portato al cosiddetto modello “Città30”, che prevede il limite urbano a 30 km/h in tutte le strade del centro abitato, ad eccezione delle principali strade di scorrimento (che restano a 50 km/h).

Personalmente, approvo il modello “Città30”, che consiste non solo nel ridurre il limite di velocità, ma nell’immaginare e realizzare un nuovo concetto di città, che si trasforma in un luogo più confortevole, con strade più accessibili e sicure, con nuove aree verdi e pedonali e con più spazi protetti per bambini e persone vulnerabili.

In Italia la prima città ad adottare con decisione questo modello è stata Olbia, nel 2021. A cui, come detto, si è aggiunta Bologna, dal 2024. Due decisioni prese da amministrazioni di diverso colore politico (centrodestra ad Olbia, centrosinistra a Bologna), a dimostrazione del fatto che una misura come questa non è “di destra” e non è “di sinistra”, ma è una misura di buon senso, e che va a tutela della vita dei cittadini! E, come era prevedibile, il modello “Città30” ha già consentito sia ad Olbia che a Bologna di registrare una diminuzione degli incidenti. A beneficio delle persone che vivono in queste città, di quelle che ci lavorano e di quelle che vanno a visitarle.

Per Bologna, confrontando i dati del primo semestre 2024 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, si osserva come siano in diminuzione i numeri degli incidenti, morti e feriti, al contrario di quanto avviene a livello nazionale con riferimento alle aree urbane.

Sottolineo che, a Bologna, non tutte le strade sono passate ad un limite di 30 km/h: le strade principali sono rimaste a 50 km/h. Esattamente quello che prevede il cosiddetto modello “Città30”; cioè una applicazione razionale del limite a 30 km/h, che non tocca le strade principali ma solo le secondarie e le locali. L’applicazione dei 30 km/h solo sulla rete secondaria e locale è motivata dalle analisi costi-benefici, laddove i costi sono dati dai maggiori tempi di percorrenza dovuti ad una velocità più bassa, ed i benefici sono dovuti alla minore incidentalità. A livello ingegneristico, questa analisi si conduce “convertendo” questi elementi (ed altri) in valori monetari, per poter fare gli opportuni confronti. E, nel caso di Bologna, proprio l’analisi costi/benefici ha confermato l’opportunità di implementare il limite di 30 km/h sulla rete secondaria e locale e di lasciarlo a 50 km/h sulla rete principale.

Nel novembre 2024 Bologna ha inoltre vinto il “Premio europeo per la sicurezza stradale 2024”, riconoscimento ufficiale dell’Unione Europea nell’ambito della Carta europea per la sicurezza stradale (ERSC – European Road Safety Charter), guidata dalla Commissione europea con la partecipazione di enti pubblici e privati impegnati sul tema, come aziende, associazioni, enti locali, istituti di ricerca, università e scuole.

Sempre nel novembre 2024, inoltre, il Tribunale Amministrativo Regionale (Tar) dell’Emilia Romagna ha respinto il ricorso di due tassisti bolognesi contro l’introduzione delle zone a 30 km/h (Città 30). I tassisti avevano contestato le ordinanze, sostenendo che i bassi limiti di velocità raddoppiavano i tempi di percorrenza, riducevano il numero di corse e quindi i guadagni, e aumentavano le emissioni inquinanti rispetto a una velocità di 50 km/h. Tuttavia, il Tar ha dichiarato inammissibile il ricorso per carenza di interesse ad agire e per mancanza di dati oggettivi a supporto delle presunte conseguenze economiche e ambientali. Il tribunale ha precisato che le ordinanze non limitano la libertà di movimento o lavoro, ma sono regole tecniche per garantire sicurezza e ordine nella circolazione. Inoltre, ha sottolineato che i ricorrenti non hanno fornito prove concrete sui modelli di auto utilizzati per le comparazioni sulle emissioni e che non è dimostrata una reale diminuzione del numero di corse. Il Tar ha respinto anche l’intervento del politico Stefano Cavedagna a sostegno dei tassisti, mentre ha accolto quello dell’AIFVS (Associazione Italiana Familiari e Vittime della Strada), che ha ribadito il valore sociale della Città 30 nel ridurre i rischi stradali e promuovere la sicurezza urbana.

La Direttiva del MIT e la lettera aperta dei 130 esperti

Se la scelta di Olbia era passata inosservata al grande pubblico, quella di Bologna ha avuto grande risalto, con tanto di strumentalizzazioni politiche. Non nel luglio 2023 (quando è entrata in vigore la Città30), ma nel gennaio 2024 (quando il Comune ha iniziato a sanzionare il superamento dei limiti). Dopo pochi giorni dalla prima multa per il superamento del limite dei 30 km/h, è stata emanata da parte del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti una Direttiva (qui il pdf) inviata all’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI) che illustra come, a detta del Ministro, vada interpretato l’art. 142 del Codice della Strada (quello dei limiti di velocità, esposto in precedenza).

La Direttiva ha lasciato perplesso me e molti altri addetti ai lavori. Presenta infatti diversi richiami a provvedimenti normativi datati (addirittura una circolare del 1979) o riferiti a contesti diversi dall’ambito urbano (come nel caso delle sentenze che vengono richiamate). Ma, a parte questo, il vero problema è da questa direttiva traspare una visione che sembra legata ad un contesto superato da decenni. C’è infatti oggi una diversa e maggiore sensibilità al tema delle persone che muoiono in strada. E ci sono molte più conoscenze tecniche, oltre ai risultati di varie ricerche e sperimentazioni. Il tema non è quindi l’aderenza al quadro normativo vigente, ma proprio la necessità di rinnovare la visione alla base di questo quadro normativo.

Per questo motivo, ho partecipato ad un gruppo di lavoro che ha redatto un appello per la sicurezza stradale urbana (lo trovate su Visione 30 – (visionetrenta.it), poi sottoscritto da 130 promotori tra tecnici, amministratori, accademici ed esperti del settore (tra cui Stefano Boeri e Marco Ponti), e sostenuto anche dalle principali federazioni, fondazioni e associazioni italiane di familiari di vittime sulla strada.

Quello che sosteniamo è che le decisioni su zone30, autovelox e dintorni non possono essere affrontate in modo superficiale: ci sono conoscenze tecniche e scientifiche, e ci sono i risultati di numerose sperimentazioni. Da tecnici, chiediamo che le decisioni siano prese sulla base di queste conoscenze e di questi risultati. Visto che poi l’obiettivo, per tutti, è avere meno morti sulle strade!

Le nuove Zone30 dopo la Direttiva del MIT: l’esempio di Lodi.

Il Comune di Lodi, nel dicembre 2024, ha emanato una ordinanza dirigenziale con cui istituisce 22 nuove Zone30. In pratica, il provvedimento è analogo a quello di Bologna (intero centro abitato a 30 km/h, con l’esclusione delle strade principali), ma l’ordinanza (qui il pdf) è scritta in modo da essere conforme a quanto richiesto dalla Direttiva MIT Prot. 0004620 del 1° febbraio 2024. Faccio i miei complimenti all’assessore alla mobilità Stefano Caserini e consiglio ad assessori, dirigenti e tecnici che vogliono realizzare Zone30 di guardare per bene come è scritta questa ordinanza. Vi sarà utile!

Conclusioni

In conclusione, il tema dei limiti di velocità urbani e delle Zone30 non è solo una questione normativa o tecnica, ma un cambiamento culturale e sociale che punta a rendere le città più sicure, vivibili e sostenibili. L’esperienza di Bologna e Olbia, così come quella recente di Lodi, dimostra che l’adozione del modello “Città30” può portare benefici tangibili, riducendo gli incidenti stradali e migliorando la qualità della vita urbana.

È fondamentale che le decisioni in questo ambito siano prese sulla base di evidenze scientifiche e tecniche, e non condizionate da visioni superate o strumentalizzazioni politiche. L’obiettivo comune resta quello di salvare vite e trasformare le città in spazi più sicuri e inclusivi per tutti, promuovendo un futuro in cui la mobilità urbana sia sostenibile, equa e orientata al benessere delle persone.

P.S. Ecco come posso esserti utile!

Se il tema delle Zone 30 ti interessa, sentiti libero di utilizzare e condividere le informazioni di questo articolo.

Se lavori per un Comune che sta valutando l’introduzione delle Zone 30, contattami! Insieme possiamo analizzare la fattibilità di questo intervento. Grazie alla piattaforma Wetraffic, è possibile monitorare in tempo reale velocità dei flussi, ritardi e code su tutta la rete stradale. Tutto ciò senza bisogno di installare strumenti, con dati anonimi ma di alta qualità, permettendo analisi dettagliate per valutare l’efficacia delle misure adottate. La piattaforma ha inoltre un modulo specifico per l’analisi di incidentalità (secondo una metodologia basata sul costo sociale), che consente di irrobustire ulteriormente le analisi dei Comuni alla base delle ordinanze sulle Zone30.

Questa tecnologia consente di impostare sperimentazioni analizzando i dati prima e dopo l’intervento, individuare le strade più critiche per velocità eccessive per una pianificazione mirata di interventi come l’installazione di autovelox, e utilizzare dati storici per confronti significativi e precisi.

Crediamo fermamente che la sicurezza stradale debba essere una priorità per tutti i cittadini. Siamo a disposizione per supportare le amministrazioni locali nella creazione di città più sicure e vivibili!