Saper guidare bene la propria auto (o il proprio veicolo di lavoro) è molto più importante di quanto non si pensi.
Si può risparmiare carburante (e quindi denaro), si riduce il rischio di incorrere in incidenti stradali, si riducono le emissioni in atmosfera di inquinanti e di gas serra, si diminuisce il livello del rumore del traffico, e così via.
Ma non basta avere una patente in regola, soprattutto nel caso di uso dei veicoli per ragioni lavorative.
Occorre, sempre, continuare a “formarsi”.
Premessa
È di questi giorni la notizia di una proposta di legge, presentata da alcuni parlamentari italiani, che prevede il divieto per giovani e neopatentati di trasportare passeggeri in auto durante la notte, con l’obiettivo di ridurre il numero di incidenti stradali. Secondo la proposta, i neopatentati dovrebbero rispettare il divieto per i primi 12 mesi dalla data di rilascio della patente, mentre i giovani di età compresa tra i 18 ed i 24 anni dovrebbero rispettarlo per i primi 24 mesi.
Secondo me, limitare il numero di passeggeri di un’auto guidata da un neopatentato per ridurre le vittime degli incidenti può avere un senso, ma guarda al problema con un punto di vista limitato. Non interviene su nessuna delle componenti del “sistema guida” (conducente, veicolo, strada) all’interno delle quali si annidano i rischi di incidente. Punta cioè a ridurre la gravità di un incidente (in termini di numero di persone coinvolte), ma non la probabilità di accadimento dello stesso. E chi si occupa di valutazione del rischio sa che occorre sempre lavorare per ridurre sia la probabilità che la gravità dell’incidente. La misura è peraltro una delle tante suggerite dallo European Transport Safety Council (ETSC), nel rapporto finale del progetto YEARS. Una delle tante! Ce ne sono diverse, su aspetti di legislazione, di formazione, di normativa sulle patenti e di dotazioni sui veicoli. E, a mio parere, una proposta di legge efficace dovrebbe affrontare tutti (!) gli aspetti indicati nel rapporto in questione.
Sappiamo bene, ad esempio, che dopo la Scuola Guida non è richiesto per legge alcun aggiornamento della formazione o dell’addestramento alla guida per i conducenti “non professionali”. In questa categoria rientrano tuttavia moltissime persone, che guidano magari per un gran numero di ore ogni settimana per motivi di lavoro. Ecco, dunque, che questo mancato aggiornamento, sia riferito al Codice della Strada che alla capacità di guida, può diventare un serio problema di sicurezza, propria e altrui. Anche perché, come ricordo spesso, il conducente è uno degli elementi fondamentali del “sistema guida”, e quando non “funziona” a dovere si rischia sul serio di incorrere in un incidente.

Quale è il contesto?
Il contesto è naturalmente quello della vita di tutti i giorni, in cui chiunque di noi si muova su strada incontra ogni giorno, intorno a sé, veicoli guidati da altri guidatori, che sono differenti gli uni dagli altri. Persone diverse per età, esperienza, carattere ed attitudine alla guida. E magari alcune mosse da fretta, altre distratte da un telefono, altre ancora stanche e con i riflessi non pronti, e così via. Ed ogni persona con il suo livello, alto, basso o nullo, di preparazione rispetto alle situazioni che si incontrano in strada. Gli imprevisti quindi possono essere innumerevoli, ed è importante essere preparati. Anche e soprattutto se si guida in occasione di lavoro.
Premetto peraltro che, nella mia esperienza professionale, ho incontrato pochissime organizzazioni che hanno posto la giusta attenzione sull’importanza della formazione alla guida del proprio personale che si muove per lavoro.
Perché occorre mantenere aggiornata la “formazione” di ciascuno rispetto alla guida dei veicoli?
A mio parere, per quanto detto, diventa quantomeno opportuno, se non necessario, mantenere adeguato negli anni il livello della formazione e dell’addestramento rispetto alla guida, magari acquisendo anche elementi e tecniche che rientrano negli ambiti oggi conosciuti come “guida ecologica”, “guida sicura” o “guida difensiva”. In merito a questo, provo a darvi qualche elemento chiarificatore.
Considerazione di partenza: l’uomo è il miglior “dispositivo di sicurezza” di un veicolo, a patto che sia correttamente preparato e formato. E questa formazione è di importanza assoluta. Ci si può ritrovare, infatti, a guidare veicoli moderni con le stesse tecniche di guida che venivano insegnate decenni addietro, vanificando in buona parte l’aumentata sicurezza ottenuta grazie alla tecnologia. È per questo che sono nati i corsi di guida sicura nei quali, ricreando artificialmente in pista situazioni di pericolo, si porta il conducente ad esagerare fino all’errore, insegnandogli poi come rimediare. Si sono poi diffuse le tecniche di “guida difensiva” e di “guida ecologica”, particolari metodologie didattiche che è opportuno oggi siano applicate fin dall’apprendimento delle prime nozioni di guida. E sono due metodologie strettamente legate tra di loro. La prima punta a far acquisire una mentalità diversa nel traffico reale (in modo da porsi nella condizione di prevenire le situazioni di pericolo e di prevedere le giuste contromisure da attuare nel caso in cui questa situazione si dovesse comunque verificare). La seconda punta invece ad applicare le corrette tecniche di utilizzo di un veicolo moderno al fine di ridurre, anche sensibilmente, consumi, inquinamento ed usura degli organi meccanici, favorendo quindi sia la tutela ambientale che una maggior sicurezza.
Apprendere questa “filosofia” di guida e farla propria significa ridurre ed eliminare numerose situazioni di pericolo e di incidente. E i benefici sono rilevanti anche con riferimento al traffico presente nelle aree urbane, come è evidente pensando ad una circolazione caratterizzata da stili di guida più fluida, caratterizzati dall’evitare bruschi cambi di velocità. In tali situazioni il conducente è molto meno stressato, e quindi più concentrato e più attento.
Cosa fare?
L’importanza di essere consapevoli di cosa si fa al volante è il fondamento su cui si basa la sicurezza stradale. Consapevolezza dei propri limiti e delle proprie capacità, consapevolezza ambientale e consapevolezza di guidare un veicolo che può essere pericoloso come un’arma.
Come arrivarci? Sicuramente investendo con decisione nella formazione e nell’addestramento, a partire dai giovani, e senza però fermarsi al momento di ottenimento della patente. Anche chi già è patentato dovrebbe cercare di perseguire, negli anni, un aggiornamento efficace della formazione alla guida. E questo vale anche, e soprattutto, per le situazioni di guida in occasione di lavoro.
Il tema è comunque oggetto di una crescente attenzione a tutti i livelli, ed anche la Commissione Europea ci sta lavorando, attraverso una revisione dell’attuale direttiva concernente la patente di guida adottata nel 2006. Le proposte presentate prevedono l’introduzione di una patente di guida digitale valida in tutta l’Unione Europea, con un periodo di prova minimo di due anni e tolleranza zero per la guida in stato di ebbrezza per i nuovi conducenti. Inoltre, le nuove norme mirano a semplificare il riconoscimento delle patenti di guida tra gli Stati membri attraverso l’introduzione di una patente di guida digitale. Tuttavia, queste modifiche devono ancora essere approvate dagli Stati membri e dal Parlamento Europeo prima che una patente di guida europea diventi realtà.
In ogni caso, pur in assenza di specifiche disposizioni di legge, il mio invito, rivolto sia ai privati che ai responsabili della sicurezza delle varie organizzazioni, è quello di investire seriamente nell’aggiornamento e nella formazione alla guida anche in età adulta e per i conducenti “non professionali”.
La sicurezza di tutti non potrà che beneficiarne.
Ho scritto questo articolo grazie ai contributi ed alle indicazioni raccolte nel corso di diversi anni da numerosi amici e professionisti titolari di centri di guida sicura.
Ringrazio ognuno di loro (dal primo, Marco Mazzocco, a tutti gli altri che si sono aggiunti in seguito), per la preziosa collaborazione.