Di chi è la colpa del riscaldamento globale dell’atmosfera? Quali sono le strategie da seguire e le azioni da mettere in atto? Ecco le risposte, (necessariamente) in estrema sintesi.
Di chi è la colpa del riscaldamento globale dell’atmosfera?
La domanda va articolata meglio, per comprendere bene la questione. In realtà gli aspetti da considerare sono tre.
- Quali Paesi hanno emesso complessivamente più CO2 in atmosfera (e quindi hanno la maggiore responsabilità nell’averci portato nella brutta situazione in cui siamo ora)? Risposta: 1° Stati Uniti; 2° Cina; 3° Russia.
- Quali Paesi, oggi, emettono più CO2 (e quindi devono impegnarsi più degli altri per contenere le emissioni)? Risposta: 1° Cina; 2° Stati Uniti; 3° India.
- Quali Paesi oggi emettono più CO2 in rapporto alla popolazione (e quindi fanno sì che i loro cittadini abbiano lo stile di vita più dannoso per il pianeta)? Risposta: 1°: Qatar; 2°: Bahrain; 3°: Kuwait.
La fonte è CO2 emissions – Our World in Data (che vi consiglio di consultare anche per tante altre cose…).
Ho inserito per ogni “classifica” solo i primi tre Paesi, per motivi di spazio, ma questo può portare ad una lettura parziale dei dati. Invito tutti consultare le classifiche complete, che consentono di fare confronti non solo a livello geografico, ma anche nel tempo. I grafici sono interattivi, potete consultarli in tanti modi (anche come mappe o tabelle), selezionare il periodo temporale ed i Paesi di interesse, e lanciare animazioni. E vi invito anche ad “attivare” le aree geografiche a livello di continenti (es. l’Europa), per avere ulteriori informazioni.
Provate, e tanti aspetti diventeranno più chiari.
E, visto che ci stiamo appassionando un po’ tutti al tema dei cicli del pianeta, proviamo a vedere i numeri. È vero, nel tempo la concentrazione di CO2 varia e segue dei cicli. E quello che vediamo è che oggi abbiamo ampiamente sfondato il livello massimo raggiunto, ciclo dopo ciclo, negli ultimi 800.000 anni. E stiamo pure continuando a salire.
Quindi la risposta è: “Sì, il surriscaldamento del clima che stiamo osservando è colpa dell’uomo!”
In merito al “comportamento” più o meno virtuoso dei vari Paesi in tema di transizione energetica, ecco invece alcuni numeri sulla quota di energia elettrica prodotta con fonti rinnovabili:
- Unione Europea: 38% (e l’Italia è più o meno su questa quota, ma molti Paesi Europei superano ampiamente il 50%);
- Cina: 30%;
- Stati Uniti: 22%.
E le tendenze di lungo periodo sono, giustamente, in salita, e in direzione degli obiettivi che abbiamo a livello globale.
La doppia strategia per combattere il riscaldamento globale.
Il riscaldamento globale è una delle questioni più pressanti che il mondo si trova ad affrontare oggi. La sua risoluzione richiede azioni concrete e immediate. Gli scienziati concordano che per risolvere efficacemente questo problema, dobbiamo adottare una strategia duplice: salvaguardare e aumentare la vegetazione a livello globale e eliminare le emissioni di CO2 derivanti da fonti fossili.
La vegetazione è essenziale per la salute del nostro pianeta. Le piante e gli alberi assorbono la CO2, trasformandola in ossigeno attraverso la fotosintesi. Questo processo aiuta a ridurre l’effetto serra e a stabilizzare il clima. Ecco alcune azioni concrete che possiamo intraprendere in questa direzione:
- Preservare le foreste esistenti: Questo è essenziale perché le foreste mature immagazzinano più carbonio rispetto alle nuove foreste. Le foreste pluviali tropicali, in particolare, sono i maggiori serbatoi di carbonio sulla Terra.
- Ripristinare e rimboschire aree degradate: Il ripristino degli ecosistemi naturali ed il rimboschimento di aree precedentemente deforestate possono contribuire a rafforzare la capacità del pianeta di assorbire CO2.
- Promuovere l’agricoltura sostenibile: La pratica dell’agricoltura sostenibile, che include la rotazione delle colture e l’uso minimo di fertilizzanti chimici, può aiutare a mantenere la salute del suolo e a sequestrare il carbonio.
Il secondo aspetto della strategia è l’eliminazione delle emissioni di CO2 derivanti da fonti fossili. Questo richiede uno sforzo congiunto da parte di governi, industrie e individui. Ecco alcune azioni che possono essere intraprese:
- Transizione verso energie rinnovabili: L’adozione di fonti di energia rinnovabile come il solare, l’eolico e l’idroelettrico può ridurre significativamente le emissioni di CO2.
- Efficientamento energetico: Migliorare l’efficienza energetica degli edifici, dei veicoli e delle apparecchiature può aiutare a ridurre l’uso di combustibili fossili.
- Ricerca e sviluppo: L’investimento in tecnologie innovative può portare alla scoperta di nuovi modi per ridurre o eliminare le emissioni di CO2.
Un tema a parte è poi quello relativo al particolare caso dei Paesi in via di sviluppo, i quali da un lato hanno un basso livello di emissioni pro-capite, dall’altro sono tra quelli più duramente colpiti dagli effetti del cambiamento climatico. E, paradossalmente, avendo anche un elevato livello di debito pubblico nei confronti dei Paesi “sviluppati”, tendono ad aumentare le estrazioni di combustibili fossili dai propri territori per riuscire a ripagare questo stesso debito. Aspetto che mostra, una volta di più, come tutto è interconnesso e come il problema può essere affrontato e gestito solo se c’è collaborazione tra tutti i Paesi livello internazionale.
Un suggerimento
Il Comitato Europeo delle Regioni ha messo a disposizione delle amministrazioni locali il primo manuale sull’adattamento ai cambiamenti climatici, creato secondo gli obiettivi fissati dal Green Deal.
Questo nuovo strumento interattivo, personalizzato per ogni Stato membro, ha come obiettivo quello di informare città e regioni sui finanziamenti e sugli strumenti tecnici che possano mitigare i mutamenti climatici e incentivare la transizione ecologica a seconda della conformazione geografica del luogo, allo scopo di favorire la resilienza dei territori e attenuare l’eventualità di catastrofi e danni.
Allego qui il documento personalizzato per l’Italia, utile per progetti di mobilità e trasporti e non solo.
Conclusioni: cosa fare?
Nella battaglia contro il cambiamento climatico, ciascuno di noi potrebbe sentirsi piccolo e insignificante, eppure, il semplice fatto di essere consapevoli di ciò che sta accadendo è già un passo significativo. La consapevolezza porta alla comprensione, e la comprensione può condurre all’azione.
Tuttavia, affrontare il cambiamento climatico non è un compito che può essere risolto individualmente, e neanche da singole nazioni. È una questione che coinvolge l’intero pianeta e la sua soluzione richiede uno sforzo coordinato e globale. Tutti i Paesi del mondo devono lavorare insieme, mettere da parte le divergenze e trovare un accordo il prima possibile.
E quando siamo in tempo di elezioni, credo sia necessario essenziale scegliere i candidati (o i partiti) non solo in base al “campo politico” al quale appartengono (destra o sinistra), ma anche per la loro consapevolezza, competenza e posizione in materia di cambiamento climatico e di azioni da intraprendere. È chiaro che questo aspetto non è tutto (i temi da considerare per scegliere chi ci governa sono moltissimi: dall’economia ai diritti, dalla sanità all’istruzione, ecc.), ma questo problema ormai condiziona tutto il resto in modo decisivo.
Se chi ha incarichi pubblici o di governo assume posizioni di negazione del cambiamento climatico, il problema può solo peggiorare. Teniamolo a mente!